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Strisce a Tratti n 6. Elisabetta e la Giostra

C’ERANO UNA VOLTA Elisabetta, Marta, Francesca. Animazioni contro la violenza sulle donne
In Italia, una donna uccisa ogni due giorni..

Un video contro la violenza sulle donne 

fotosaFranca 50 anni, Donika 47, Giuseppina 81, Denise 22, Florentia 19, Adriana 26, Francesca 56, Adela 35 Giuseppina 51, Fabiana 15, Lavinia 18, Tatiana 40, Maria 66, Ilaria 20, Marta 24, Cinzia Agnoletti 51 …

Sono oltre mille le donne uccise dal 2005 al 2013. Quasi 200 solo nel 2013. Il 40% delle donne uccise aveva subito precedenti violenze da “quel partner o dall’ex che poi l’ha uccisa”. Sono in maggioranza italiani sia gli autori (73%) che le vittime delle violenze (63%). Mariti, compagni, ex partner che diventano assassini. Le mura domestiche si rivelano il posto più pericoloso: il 63% dei delitti si sono consumati in casa della vittima, dell’autore o di un familiare. Nel 25% dei casi le donne uccise “erano in procinto di porre fine alla relazione o l’avevano già fatto”. Secondo i dati forniti dalla Polizia di stato riguardanti i reati denunciati in Italia con vittime di sesso femminile nel 2010 quasi 23 milioni di donne hanno dichiarato di avere subito lesioni personali, quasi 7 milioni percosse e 3,5 milioni violenze sessuali.

“Elisabetta e la giostra”, è un video dedicato alla sensibilità, al rispetto, all’Amore… il settimo della serie “Strisce a tratti” Muti’ per parlare. Una storia raccontata a ‘tratti’.  Un’idea RoSaVida (http://rosavida.altervista.org).

[youtube]http://youtu.be/ICyF8BVy_Wo[/youtube]

“QUI SONO IO”: RAGAZZI RACCONTATELO IN UN CORTO AL FESTIVAL ‘VIDEOARTE’

Un premio di 250 euro dedicato ai giovani videomaker residenti nella provincia di Vicenza che coinvolge i ragazzi tra i 13 e i 19 anni. Per la sua seconda edizione CrashTest Collisioni
di Teatro Contemporaneo raddoppia e accoglie al suo interno una sezione dedicata alla videoarte. Ogni partecipante dovrà presentare, entro il 10 giugno 2013, un video della durata compresa tra i 3 e i 10 minuti, girato con qualsiasi mezzo, attinente al
tema del Festival: “videoarte.”, ovvero la relazione tra individuo, territorio e creazione artistica.

“Vogliamo promuovere ogni forma di creatività e comunicazione che dialoghi con il presente”, dichiarano i membri di Livello 4, organizzatori del Festival: “Un momento come questo, in cui tutti o quasi hanno a disposizione i mezzi tecnici, siano essi videocamere, fotocamere o smartphone, per girare un cortometraggio, è un’occasione imperdibile. Il diffondersi di questi strumenti permette alle idee di prendere forma a prescindere dal
budget a disposizione. Oggi anche i più giovani possono dire la loro, in modo estremamente concreto e creativo”.
L’iscrizione è gratuita, per candidarsi è sufficiente caricare il proprio video su You Tube come risposta a quello proposto (crashvideocontes) e inviare una mail all’indirizzo info@crashtestfestival.it indicando i propri dati. I lavori ricevuti verranno pubblicati sulla nostra pagina Facebook e i cinque più cliccati accederanno alla finale. Tre giorni, il 30, 31 agosto e 1 settembre, in cui saranno proiettati come intermezzo agli spettacoli di CrashTest Collisioni di teatro Contemporaneo e potranno essere votati dal pubblico presente al Parco Favorita di Valdagno (VI), sede principale dell’evento.
Gli autori dei video selezionati affiancheranno inoltre i giurati Festival nella valutazione degli spettacoli e assegneranno il Premio Speciale CrashTeen.

Maggiori informazioni su: www.crashtestfestival.it.

“Questa era Hasankeyf”: l’arte per il sociale

This was Hasankeyf” è un progetto di documentario, sullo storico villaggio di Hasankeyf, realizzato dal regista Tommaso Vitali e dai suoi collaboratori Francesco Marilungo e Carlotta Grisi. È un progetto totalmente indipendente attualmente in fase di post-produzione e finanziato dal sostegno dal basso di chiunque creda in esso, attraverso una donazione, grande o piccola, effettuata attraverso la pagina Indiegogo.

Gli autori spiegano ad ARTeSOCIALE motivazioni e finalità del progetto.

C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le accumula ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo di rovine sale davanti a lui nel cielo. Ciò che chiamiamo progresso, è questa tempesta.”*

Così Walter Benjamin fissò, in un’immagine dalla forza straordinaria, la complessa relazione che intercorre fra arte e progresso, quella tempesta che ci trascina verso il futuro e non ci dà il tempo di ricomporre e capire i frammenti del passato, le memorie individuali e collettive, di ricollocarle in una catena di eventi capace di generare ancora significato

Qualcuno dirà che l’ho presa un po’ alla larga, e forse è così, ma questa citazione da Benjamin riassume benissimo le riflessioni che ci siamo trovati ad affrontare lavorando per un anno ad e per Hasankeyf. Cos’è Hasankeyf? Al giorno d’oggi è un villaggio di tremila anime situato sulle sponde del Tigri nel sud-est della Turchia. È abitato principalmente da arabi e curdi che vivono di piccolo artigianato, turismo, pastorizia e agricoltura. Ma Hasankeyf è anche un meraviglioso “cumulo di rovine”, un frammento della Storia che se ascoltato ha ancora molto da raccontare al presente. Racconta d’essere stato uno dei primi insediamenti umani di quella culla di civiltà che fu la Mesopotamia, racconta che fu poi capitale di regni e dinastie diverse, crocevia commerciale lungo la via della seta e lungo il Tigri, patria di scienziati che ispirarono addirittura Leonardo (El Cezerî). Ma, come dice Benjamin, la tempesta del progresso trascina “irresistibilmente” e la nostra civiltà non ha il tempo di ricomporre il racconto di Hasankeyf. La nostra civiltà ha bisogno di energia elettrica e quindi costruisce un’enorme diga lungo il corso del fiume che per millenni fu linfa vitale di un ecosistema magnifico. Una diga, un lago artificiale e acqua stagnante che pian piano cresce di livello fino a seppellire entro il 2014, sotto metri cubi d’acqua e d’oblio, la favola che Hasankeyf narra al suo visitatore.

Ecco perché il titolo del nostro lavoro è “This was Hasankeyf” (Questa era Hasankeyf): in quel verbo al passato c’è l’amarezza per qualcosa che ancora è, presente e viva, e che invece si vuole distruggere e cancellare. Hasankeyf è viva nelle sue rocce, nelle sue caverne riscaldate per millenni da focolari ed affetti domestici, viva nei giochi dei suoi bambini che catturano pesci nel fiume, viva nel sorriso accogliente dei suoi abitanti che offrono il tè al visitatore, viva negli artigiani che tessono lana di capra per farne tappeti, viva nei nostri cuori, ora che la abbiamo abitata e conosciuta, ascoltata e filmata. Molti sono corsi a fotografarla e filmarla, cercando di rubarne il segreto nella fretta di uno scatto fotografico o di qualche giorno di riprese. Noi abbiamo scelto di frequentarla quasi per un anno intero, dopo averla conosciuta ed elaborata ognuno alla sua maniera, secondo le linee che il proprio diverso background suggeriva. Abbiamo voluto prenderci la dovuta calma, abbiamo scelto di adeguarci ai suoi ritmi, alle sue buie serate invernali, alle piene e alle secche del Tigri, al caldo torrido del suo giugno e alle ronde quotidiane della cicogna che da più di dieci anni vive sul cucuzzolo del minareto. Abbiamo stretto amicizie, condiviso pasti, trascorso intere giornate al seguito di greggi al pascolo nelle sinuose e affascinanti gole che circondano il villaggio. Solo quando il momento lo richiedeva abbiamo acceso la telecamera e filmato, solo davanti a un bel thè caldo abbiamo fatto domande: sul futuro, su come ognuno cercherà di ridisegnarsi una vita quando la propria casa sarà sommersa e Hasankeyf scomparsa; domande sulla “Nuova Hasankeyf” in cemento armato che la Presidenza del Consiglio sta costruendo dalla parte opposta della valle; domande sui sentimenti che genera la folle stasi quotidiana nella quale gli abitanti sono costretti, ma domande anche e soprattutto sul passato, su “com’era” fino a qualche anno fa, quando tutti vivevano ancora nelle grotte e arrivavano fino a Baghdad su zattere di legno per commerciare tessuti. Per tornare alla citazione di Benjamin, abbiamo voluto provare a “trattenerci, destare i morti e ricomporre l’infranto”.

Le risposte degli abitanti di Hasankeyf le troverete nel documentario, quando sarà finito, assieme ai suoi panorami e alla sua luce speciale. Ora ci aspetta una fase difficile per un gruppo indipendente di tre persone senza nessuna istituzione o organizzazione alle spalle. Ovvero la fase del finanziamento della produzione del documentario. Per fare questo abbiamo avviato una campagna di raccolta fondi dal basso sul sito Indiegogo. Sulla nostra pagina potrete trovare i video che presentano il progetto, molto altro da leggere su Hasankeyf e, se vorrete, sostenerci con il vostro aiuto. Questa maniera allargata di finanziare progetti sta prendendo piede sempre più, in America, in Europa, ma anche in Italia con siti come “Produzioni dal basso” e “Kapipal”. È una sorta di vecchia colletta diffusa attraverso il mondo dei socialnetwork e del web. A noi è sembrata la maniera migliore di continuare a mantenerci indipendenti da qualsiasi capriccio commerciale e, allo stesso tempo, di coinvolgere quanta più gente possibile nel nostro progetto. Praticamente chiunque, attraverso una donazione anche piccolissima, può considerarsi ‘produttore’ di “This was Hasankeyf” e questo ci riempie di orgoglio. Siamo convinti che l’arte possa fare tanto per aiutare Hasankeyf ad essere conosciuta e, magari chissà, salvata dalla tempesta del progresso e del futuro che vuole portarcela via! (Francesco Marilungo)

[vimeo]http://vimeo.com/49522130#[/vimeo]

Approfondimenti:
– http://www.indiegogo.com/thiswashasankeyf?a=1274448
– http://thiswashasankeyf.com/
– http://www.facebook.com/groups/181343318660658/

  *La citaione di Walter Benjamin è tratta da Tesi di Filosofia della Storia (1940).

Gamba trista

Gamba trista

Gamba trista di Francesco Filippi (Studio Mistral) vince la sezione Corti di Fiction del Premio L’anello debole edizione 2011 della Comunità di Capodarco: un’opera di animazione che racconta in modo divertente, senza retorica o pietismi, la storia di un ragazzo nato con le gambe molli.  Gamba Trista ha gambe molli e i suoi compagni di scuola lo annodano dappertutto. Lui sopporta e ci scherza su, ma gli piange il cuore quando Rose, la bambina che gli piace, scappa via terrorizzata ogni volta che lo vede annodato. Un giovane disabile dalle gambe molli ma dalle braccia talmente forti che riesce a volare.

 

 

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=PQEpSpflShY[/youtube]

Strisce a tratti: immagini, parole e musicalità

Immagini, parole e musicalità RoSaVida

Valentina Di Fato

Tratti che si concretizzano in parole, immagini che diventano video, suoni che portano a dolci note: è questo il progetto RoSaVida, un mix di immagini, parole e musica in cui la creatività vuol bersagliare la solidarietà e la riflessione. Ne abbiamo parlato con Sabrina Lupacchini, l’illustratrice del porgetto, che con Roberta Fonsato, la curatrice dei testi, realizzano le “Strisce inUtili”.

 

Sabrina e Roberta, da dove nasce quest’idea?

Nasce innanzitutto dall’incontro tra due animi affini, in un riconoscersi simili nella visione e rappresentazione del mondo. Dal desiderio di ritrovarsi, liberare le ore e regalarci un tempo tutto nostro di racconto, in cui il “fare creativo” trovasse uno spazio favorevole e protetto. Le Strisce sono un’impellenza creativa, le definiamo “inUtili” pensieri erranti, perché non vogliono ‘dire o ribadire’ qualcosa, vogliono esistere in quanto forme comunicative d’arte spontanea. Rappresentano un comune bisogno, quello di esprimere ad altri il nostro ‘quotidiano sociale’ attraverso parola e tratto, in modo semplice, conciso, senza troppa “razionalità”. L’idea del “muto” ci è parsa perfetta, perché risponde molto bene a questa esigenza di sinteticità e immediatezza

Qual è il format di composizione dell’opera?

È una sinfonia che nasce al momento, non ha cadenze se non quelle interiori. Se si scompone una striscia vi si trova: il valore delle idee e dell’arte, realizzati a costi zero. Ogni striscia ha un suo ritmo, ma ha sempre la stessa finalità, quella di raccontare qualcuno, parlare del suo mondo e di come gli altri lo vedono e ‘definiscono’ (quel “dicono che” sempre presente)… e non c’è mai un vero finale, ma un sipario che si apre perché c’è una frase o un’immagine che quella ‘definizione’, quella ‘catalogazione’ sociale, pone in dubbio…

Come realizzate il vostro lavoro?

In maniera del tutto spontanea, spesso casuale. Magari una delle due è stata colpita da una vicenda, o da una storia. Allora ce la narriamo nuovamente e decidiamo poi di tramutarla in striscia. Una volta definito il tema, pensiamo cosa vorremmo che la striscia muovesse… e poi agiamo. I testi e le illustrazioni nascono anche lì sul momento, magari in un pomeriggio tra una tisana e qualche confidenza. La struttura o meglio la griglia su cui comporre testo illustrazioni e musica è sempre la stessa, i mezzi tecnici di supporto sono veramente ‘arcaici’ anche questo faceva parte dell’idea iniziale, volevamo realizzare qualcosa di efficace e artisticamente valido ma tecnicamente senza troppi ‘fronzoli’, con uno stile specifico, che si collegasse al nostro mondo, che è poi quello condiviso nel sito RoSaVida.

In un momento dove le immagini sono sempre più spettacolari e in 3D volevamo arrivare attraverso un linguaggio semplice e illustrazioni animate volutamente lente. Il tempo con cui si legano immagini testo e sonorità è il tempo di come emotivamente sentiamo l’incedere di ogni storia.

Che tematiche trattate nelle vostre Strisce InUtili?

Sono legate alle persone e soprattutto al disagio attuale del vivere, alle difficoltà dei rapporti, delle relazioni, del trovare qualcuno con cui confidarsi. Vengono codificati col nome “sociali” in realtà sono i temi del nostro vivere quotidiano. Gli argomenti nascono sempre da storie su cui riflettiamo e che ci raccontiamo nei nostri momenti di condivisione. Le nostre parole nascono dall’ascolto.

Come mai per una delle vostre opere avete scelto proprio la rappresentazione di un senza dimora?

Costantino è il ‘Senza’ che percorre le strade del nostro essere, perché spesso si può essere dei ‘Senza’ nonostante una casa e una famiglia… Costantino cammina sulla strada attraverso passi che sostituiscono il suo stesso sentire, i piedi diventano i suoi compagni e prendono anche decisioni per lui. In un momento di crisi, dove è altissima la disoccupazione, con almeno 500 mila persone che non riescono ad avere una casa degna di essere definita tale e 17 mila veri e propri senza fissa dimora, ci è venuto spontaneo in uno dei nostri pomeriggi comuni, parlare di qualcuno che avremmo potuto incontrare aprendo semplicemente la porta di casa. In questo caso volevamo ribadire il fatto che Costantino non è solo un Senza dimora… ma in realtà ha perso tutto…l’unica cosa che ancora ha è il suo passo che può riconoscere e riconoscendolo, riconosce forse, ancora se stesso…Costantino il “Senza”, non è solo un senza dimora, è un senza “Tutto”, perlomeno nell’accezione del tutto concreto. Lui ha perso tutto, però gli è rimasta la sua essenza come persona, la strada e i suoi piedi. In fondo siamo tutti dei “senza”, ma senza cosa?

Qual è il messaggio che volete far passare?

Siamo bombardati da gente che intende spiegare i fenomeni sociali, a loro lasciamo la prerogativa di lanciare messaggi e/o proporre riflessioni. A noi interessa sapere che anche solo una delle nostre Strisce sia riuscita a toccare, anche solo una persona nel profondo. È in quel luogo appartato, che appartiene ad ogni individuo che può nascere un moto di interesse, un pensiero, magari un’azione…

Il messaggio…forse il messaggio è muto, come le Strisce!!! Così muto che grida i nomi di tutti quelli che le abitano…Costantino, Matilde, Annetta, Caterina, Roberta, Sabrina…..