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Guatelli tra arte e ricordi

Un museo dall’estremo ieri all’estremo domani

di Sabrina Lupacchini

 “Oramai io, che sono entrato in comunione con loro, sento che parlano. A forza di starci insieme agli oggetti, a forza di sentire la loro storia, a forza di sentire la gente che ne parlava, senti che non erano soltanto oggetti ma erano una parte dell’uomo. E’ come se fosse la gente che li ha usati a stare con me, io sono con loro, li sento parlare…”

Tra le tante definizioni che usava per descrivere la raccolta a lui intitolata, Ettore Guatelli ricorreva spesso a quella di “museo dell’ovvio” oppure di “museo del quotidiano”. Martelli, pinze, pale, forbici, botti, pestarole rivestono le pareti seguendo semplici motivi geometrici, riempiono i mobili e le mensole del Museo Guatelli  a Ozzano Taro Collecchio (PR), creando un effetto scenografico carico di suggestioni visive e capace di evocare, attraverso un linguaggio museografico inedito e svincolato da intenti realistici, gesti quotidiani di vita contadina.

Gli oltre 60 mila oggetti custoditi nel museo testimoniano la storia comune di uomini e donne “dell’età del pane”, quando il lavoro nei campi sostanziava di sé il profondo legame dell’uomo con la vita.

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Teatro nel sociale

Teatro  sociale

di Roberta Fonsato

Quando si parla di Teatro Sociale bisogna rifarsi al significato primo di teatro, al suo valore, alle origini. Infatti il teatro nasce da “un’esigenza sociale”, nel senso che la sua prima funzione è stata soddisfare e favorire la comunicazione. Presso tutti i popoli dell’antichità simboleggiava la prima forma di rappresentazione della realtà: si pensi alle prime cerimonie, che avevano appunto la funzione di mettere in comunicazione l’uomo e il soprannaturale. Si arriva poi alla civiltà greca, dove il teatro trova la sua più alta realizzazione del mondo antico: esso assolveva pienamente al suo ruolo sociale, era il fulcro, anche fisico, dove si realizzava l’intera vita della comunità: la cultura, la storia, la religione, la politica.

Con il termine “teatro sociale”, ci si vuole soffermare proprio sulla necessità di restituire tale valore al teatro, un ritorno quindi alla sua funzione prima. Oggi però per “teatro sociale” si intende il teatro dei diversi, quello che si fa con i portatori di disagio psichico o nelle comunità di tossicodipendenti o nelle carceri per intenderci, tale teatro ha quasi un significato di confine, marginale o emarginato, sicuramente lontano dalla centralità sia fisica che civile delle origini. Pertanto, sarebbe meglio chiamare il teatro che svolge la sua attività in contesti di disagio, “teatro nel sociale”, per indicare la sua destinazione di lavoro.

Il teatro nel sociale ha bisogno di attenzioni particolari e ha bisogno di essere tutelato. Ci sono in particolare due problematiche che mi stanno a cuore: da una parte, ci s’ imbatte di frequente in spettacoli, dove i partecipanti vengono mostrati, spettacolarizzati a seconda dell’esigenza o della necessità; d’altra parte, spesso l’aspettativa del risultato (la necessità di una rappresentazione pubblica o il desiderio di vedere un cambiamento) compromette l’esito stesso di un laboratorio. Si deve fare quindi molta attenzione a non confondere la propria aspettativa, da qualunque parte essa arrivi, con quello che può essere davvero un risultato.

Quando penso al teatro mi piace dunque pensare al recupero della sua funzione ontologica propriamente sociale e socializzante, di aggregazione e condivisione.

Artesociale perchè?

Nasce in modo molto spontaneo, ma con un tempo di incubazione lungo, maturato nel tempo, attraverso personali sperimentazioni artistiche nel sociale e non solo. L’esigenza è quella di riflettere sul ‘senso sociale’ dell’arte e sul significato, il valore e l’importanza dell’arte ‘impiegata’ nel sociale (nella sua forma terapeutica ed espressiva). Temi di rilievo vecchi nel tempo umano, ma mai come oggi, così ricercati e approfonditi, attraverso i quali si possono esperire valori, riscoprire i piaceri del fare, recuperare il bisogno di cultura e incontro. L’idea stessa di creare uno spazio “libero” nel quale l’arte e l’uomo si ritrovano, esprimono, operano e confrontano nasce per soddisfare un’esigenza dell’umanità per sua natura artistica e sociale. Tentiamo teorie, osiamo concetti e concettualizzazioni, già singolarmente complessi, riflettiamo su una collocazione comune dell’arte. Scopriamo nuovi talenti a noi vicini…

L’obiettivo del magazine è quello di creare una documentazione a tema con il contributo di tutti, pertanto chiediamo a quanti lo seguiranno di partecipare attivamente alla sua realizzazione attraverso la pubblicazione dei vari materiali. Sono benvenuti racconti, riflessioni, disegni, proposte, poesie, video, foto ecc. Se conoscete o lavorate con ragazzi, bambini, ospiti di strutture pubbliche-private, che secondo voi hanno un talento artistico e/o comunicativo, mandateci i materiali a: redazione@artesociale.it o sa.lupacchini@gmail.com;

Promuoviamo anche idee creative, progetti, eventi, seminari e momenti di formazione… anche baratti di “saperi”…Ci riserviamo di valutare attentamente il materiale inviato e di decidere autonomamente la messa online delle proposte ricevute. I contenuti, senza limiti di lunghezza, dovranno essere in formato word 2003 e le foto abbinate in formato Jpeg. Ogni invio o proposta redazionale, deve essere accompagnato dalla liberatoria firmata dall’autore. La collaborazione è gratuita.

Parliamo insieme di “Arte” a tutto tondo. L’arte sociale non è solo quella ad utilizzo terapeutico, ridiamole valenza espressiva e forza visiva. Aiutateci a scovare anche dei talenti fra le persone “comuni” che poi così “comuni’ non lo sono mai…

Alla straordinaria forza comunicativa..
…alla creatività ….
…alla bellezza della condivisione artistica…

Con gratitudine
la redazione