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L’arte del “prendersi cura”. Agnese …dolce Agnese

Incontri umani sulle corsie degli ospedali. Quando il lavoro è fatto ad ‘arte’…

Prosegue la raccolta dei racconti, che vogliono segnalare quelle situazioni in cui l’incontro tra il paziente e il suo medico curante, l’infermiera e nello specifico in questo caso la terapista della riabilitazione, è basato anche e soprattutto sulla relazione tra le persone. L’arte del prendersi cura non è un motto ma è necessariamente la base di ogni buona riuscita riabilitativa. Per motivi di privacy i nomi delle persone sono inventati. Tutto il resto è realtà. Buoni incontri.

“Agnese…dolce Agnese”. Dal racconto di Sabrina Girotti, terapista della riabilitazione

 

Illustrazione tratta dal libro "Una nonna tutta nuova"di Elisabeth Steinkellner, Michael Roher (Terre di Mezzo, 2012)

Illustrazione tratta dal libro “Una nonna tutta nuova”di Elisabeth Steinkellner, Michael Roher (Terre di Mezzo, 2012)

Appena la si vede, gli occhi non si incontrano, perché Agnese cammina sul suo girello flessa così tanto in avanti che gli occhi per forza sono rivolti verso terra. Ma quando si mette seduta allora sì che si possono incontrare e si rimane veramente sorpresi dai suoi occhi celesti e vispi. Emanano una luminosità ed una curiosità che nemmeno la veneranda età di 93 anni ha intaccato. L’aiuto a stendersi sul lettino e subito accusa dolori al collo,alla schiena. Quando poi guardo le sue gambe allora sì che provo paura…sono talmente rosse, edematose, la pelle così sottile, ho paura che solo toccandola possa rompere qualcosa. E allora decido di cominciare a “toccarla” partendo dal collo, ma se pur con estrema delicatezza, dove tocco tocco, è sempre un dolore. Poi come sempre succede, mi racconta fatti della sua vita passata e di quella presente, costellata da disagi, miseria, fatica, malattie e morti tragiche dei propri cari. Mentre racconta io mi domando come tanto dolore, tanta sofferenza, possono stare dentro un corpo così minuto . Così le chiedo come ha fatto a resistere nonostante i segni sul corpo sono chiari e lei molto dolcemente mi risponde che è tanto devota alla Madonna. Rimango in silenzio….

E’ molto riservata Agnese, preferisce stare da sola in camera a pregare, ma se sta insieme agli altri trova sempre parole di incoraggiamento. Sembra proprio che la bontà sia iscritta nel suo Dna. Tutti le vogliono bene e ammirano la sua dolcezza. Così quando un giorno mi confessa che non sopporta una signora ricoverata e sua figlia, rimango sorpresa, cerco di capirne il motivo e mi dice (sempre molto tranquillamente) che si danno delle arie, che sono prepotenti e la prepotenza lei proprio non la tollera. In effetti riguardo alle due donne molti la pensano come lei, ma è comunque gentile ed educata con loro solo, ma se può cerca di evitarle. Per giorni se ne sta in carrozzina perché il forte dolore alle gambe non la sorregge, poi lentamente piano piano riesce dopo alcuni giorni a fare alcuni passi con il deambulatore fino a che un giorno riesce a percorrere tutto il corridoio. Arrivata in fondo ai due lati, sono seduti pazienti e familiari, allora le dico:”immagina di essere una fotomodella che sta sfilando”, Agnese accenna a movimenti ancheggianti che procurano gli applausi spontanei da parte degli altri e un suo grande sorriso. Che gioia quando arriva il momento della dimissione e mi abbraccia e mi bacia, bagnandomi di saliva, che percepisco come fosse “l’acqua santa”.

Leggi gli altri incontri: Pietro, Vittoria, Angelo, Nebbiolina

“Parkin’son”, la danza struggente di padre e figlio per raccontare il morbo

image“Uno dei miei primi ricordi da bambino è mio padre che guida in auto e canta ‘Il mondo’…”. Sono proprio le parole e le note della canzone di Jimmy Fontana a introdurre nel silenzio di un palco, il profondo e commovente racconto proposto dallo spettacolo di danza  “Parkin’son”, storia reale e ancora attuale di Stefano e Giulio D’Anna, un padre e suo figlio. Terapista over 60, affetto dal morbo di Parkinson e senza una formazione di danza il primo, giovane coreografo e danzatore il secondo, due generazioni a confronto, che si parlano attraverso un’intensa comunicazione corporea. Ma cosa ci possono raccontare “due corpi essendo, allo stesso tempo, l’uno l’idea del futuro e l’altro quella del passato? In “Parkin’son” i due interpreti, esplorano la loro relazione “una collezione di eventi personali, drammatici e non, che trovano la propria testimonianza sulle linee della pelle e sulle forme di due corpi legati dal sangue e dalla propria storia”.

Una bella storia, da condividere nella giornata mondiale dedicata al Parkinson che si celebra oggi, 11 aprile, in occasione dell’anniversario della nascita di Sir James Parkinson, scopritore della malattia. Seconda patologia neurodegenerativa in ordine di frequenza dopo l’Alzheimer, la sindrome, colpisce in Italia oltre 230 mila persone, delle quali circa il 5% con un’età inferiore ai 50 anni, nel mondo si contano oltre 4 milioni di malati, e stando a studi indipendenti, entro il 2030 il loro numero raggiungerà circa 8,7 milioni. “Parkin’son” rappresenta la sfida di un figlio che per affrontare la malattia del genitore, decide di coinvolgerlo in un progetto di danza in cui raccontare la loro personale esperienza familiare e il coraggio di un padre nel rispondere sì. La forma artistica si rivela un ottimo mezzo grazie al quale sensibilizzare il pubblico circa gli effetti della parkinson, le ricadute sugli individui, le famiglie e la comunità.

imageQuestione di equilibri.“L’arte ci aiuta nel trovarci, nel perderci, nel sentire, nel comprendere, scrive il coreografo Giulio D’Anna. Credo ci aiuti a essere pienamente esseri umani, qualsiasi cosa questo ‘ruolo’ possa voler dire per ognuno di noi”. Il movimento dei due protagonisti crea una “partitura che si muove tra teatro e astratto dove la malattia marca limiti da oltrepassare”.  Padre e figlio si confrontano e confortano a momenti alterni e la malattia è qualcosa che unisce, in un processo che non è solo di chi la subisce, ma è anche nell’intimo di colui che lo affianca,  passo dopo passo. Il progetto è al tempo stesso “un diario e un manifesto, un’esorcizzazione” dove le percezioni del tempo, passato, presente e futuro, si mescolano attraverso nozioni personali e scientifiche”.

La malattia fa parte di un gruppo di patologie definite “disordini del movimento”, in un crescendo in cui il disordine diventa gesto e danza, tra incontro e scontro, abbracci, schiaffi, piroette, tremori, rigidità, lentezza dei movimenti e perdita dell’equilibrio,i D’Anna riescono nell’arduo intento di raccontare un processo esistenziale fisico ed emotivo e, nello stesso tempo, evidenziare le reazioni dei principali sintomi della malattia. Lo spettacolo che è stato vincitore del “Premio Equilibrio 2011” l’appuntamento dedicato alla danza contemporanea italiana, “nasce dal desiderio di usare ‘il limite’ come fonte di possibilità e raccontare le due storie con la scansione cronologica delle vite illustri, puntando all’esaltazione di momenti e fatti che, ad un occhio esterno, potrebbero non sembrare degni di nota ma che rendono l’esistenza memorabile”. La malattia non è sullo sfondo è nel centro, entra, si insinua, ma non frena, perché le spalle di un padre sono grandi per affrontarla e quelle del figlio, ora uomo, sono pronte a sostenerlo attraverso l’amore. In fondo, come cantava e canta papà D’Anna “Il mondo. Non si è fermato mai un momento. La notte insegue sempre il giorno. Ed il giorno verrà”. (Slup)

Fonte:Redattore sociale

Incontri umani sulle corsie degli ospedali: io e Pietro

Quando il lavoro è fatto ad ‘arte’…

L’arte del “prendersi cura”
Prosegue la raccolta dei racconti, che vogliono segnalare quelle situazioni in cui l’incontro tra il paziente e il suo medico curante, l’infermiera e nello specifico in questo caso la terapista della riabilitazione, è basato anche e soprattutto sulla relazione tra le persone. L’arte del prendersi cura non è un motto ma è necessariamente la base di ogni buona riuscita riabilitativa.

Ricordiamo come nel precedente racconto che molti anziani hanno un linguaggio duro, spesso espressioni colorite, scandite da parolacce, che sono più un intercalare che una vera e propria imprecazione, non le abbiamo omesse perché appartengono al naturale e personale linguaggio che contraddistingue anche il tono caratteriale della persona che si ha davanti, le abbiamo accompagnate da alcuni puntini… come fossero BIP tra le parole. Per motivi di privacy i nomi delle persone saranno inventati. Tutto il resto è realtà. Buoni incontri.

Pietro “sguardo fisso ma vigile”

Dal racconto di Sabrina Girotti

Foto_Parkinson_2Un uomo tutto di un pezzo e non soltanto metaforicamente! Affetto dal Morbo di Parkinson, quindi molto rigido sia nel corpo che negli arti. Il viso imperscrutabile che accenna ad un lieve sorriso quando bonariamente gli faccio delle battute. Se ne sta sempre da solo, seduto sulla carrozzina, sguardo fisso ma vigile. Ha il viso squadrato, che stranamente ispira tenerezza, viene voglia di prendergli le ‘guanciotte’.

E’ un uomo di poche parole e quando le pronuncia sembra proprio scortese, brusco. Allora gli chiedo se è di cattivo umore e lui mi guarda da dietro i suoi occhiali spessi come un fondo di bicchiere e risponde “no perché? Sto bene”. Per il tono con il quale si esprime viene scambiato da tutti come un tipo “ignorante” ed invece è dolcissimo. Si muove come fosse un burattino. Sono pochi gli argomenti che lo interessano, uno sono i soldi della pensione e l’altro un acquisto che ha fatto di un orologio d’oro in televisione, ma non era quello che aveva ordinato. E allora mi racconta mille volte che ha dovuto metterci l’avvocato ecc. ecc. Un giorno gli dico che la domenica successiva sarei andata nel suo paese, risponde “che me ne importa”, “ma Pietro mi hai risposto gentilmente?” gli faccio notare, e lui “Ah madonna sì”. Non voglio immaginare cosa sia per lui rispondere male!

Mi vorrebbe portare in crociera ma non sa se ci riuscirà. Mi promette di portarmi a mangiare il pesce a Civitanova. Vengo a sapere che gli piaceva molto ballare specialmente il valzer lento, precisamente il “Valzer delle candele”. Riesco a procurarlo e…iniziano le danze. I primi tentativi sono veramente difficoltosi, poi dopo un po’ di giorni riusciamo a fare qualche passo, ma lui vuole girare e allora giriamo. Abbiamo anche un piccolo pubblico che applaude. Come descrivere la sua espressione di gioia! Un’infermiera un giorno con il cellulare ci riprende. Non l’avesse mai fatto. Tornato a casa telefonava tutti i giorni per averlo e naturalmente è stato accontentato. E’ una buona forchetta e vuole mangiare da solo ma siccome ha serie difficoltà il cibo va a finire in tavola, per terra, appiccicato sulle sue guance, raramente arriva alla bocca e così ha sempre fame. In certi momenti mi sembra proprio un bambino e mi verrebbe voglia di stringerlo forte forte. Gli chiedo se a casa sta davanti alla televisione, “sì spenta” risponde. Il giorno delle dimissioni vado a salutarlo, dandogli due ‘baciotti’ sulle guance, lui mi guarda, sorride e dice”mi manchi”. Me ne vado per nascondere le lacrime che stanno venendo giù.

Dove le parole finiscono, inizia la musica. A Roma la ‘Musica della vita’

“La musica aiuta a non sentire dentro
il silenzio che c’è fuori’

(Johann Sebastian Bach)

“In ognuno di noi esiste un essere musicale che è possibile raggiungere…” Si può tradurre attraverso questa frase il senso delle due giornate di attività musicali e musicoterapia tenutesi sabato 8 e domenica 9 settembre 2012 al Piccolo Teatro Re di Roma. L’evento promosso dalla Rivista OnLine Musicoterapia-anziani.eu in collaborazione con l’associazione Artiesuoni è stato condotto da Roberto Bellavigna che ha approfondito il tema attraverso una serie di proposte laboratoriali e una selezione di video tratti dalla personale esperienza di musicista e musicoterapeuta nell’ambito delle strutture socio sanitarie e riabilitative per anziani, malati di Alzheimer, Parkinsoniani e nell’ambito dei Centri socio educativi con persone disabili. Quindici i partecipanti arrivati da tutta Italia (Bologna, Messina, Roma, Foggia, Orvieto, Udine) con esperienze professionali e formative diverse: musicisti, musicoterapeuti, psicologi, terapisti della riabilitazione, operatori socio sanitari, educatori, insegnanti.

“Impariamo a fare qualcosa, soltanto facendolo” un modo induttivo di fare lezione in cui attraverso la visione dei filmati, le esperienze creative, il dialogo sonoro, la presentazione di schede tecniche informative e operative e il confronto di opinioni, i corsisti sono stati introdotti all’interno del concetto di musica e di terapia attraverso la musica. Il percorso ha affrontato principalmente la relazione tra musica, operatore musicale e patologie di Alzheimer e Parkinson, filo conduttore è stato l’incontro, la chiave di violino su cui armonizzare il tutto “la persona”. Contenuti generali sono stati: l’animazione musicale; la musicoterapia in casa di riposo; l’ascolto e le qualità della musica; il repertorio, le proposte possibili; la musica e il movimento (danze, coreografie, socializzazione, riabilitazione); le canzoni in terapia, la canzone creativa (identità, ricordo, recupero cognitivo); l’accompagnamento al 
termine della vita; la storia della musicoterapia.

Diverse le letture e le interpretazioni arrivate dai partecipanti; chi osserva da un punto di vista più personale, chi si mette nei panni dell’’osservato’, del paziente, del malato, dell’anziano, della persona.  La musica abbraccia diverse forme, è risorsa non solo come continuazione o sintonizzazione ma anche come contrasto “pone il bianco e il nero delle situazioni, il piano e il forte, il silenzio e il suono, attraverso di lei possiamo comunicare cose di cui non si può parlare o non si vuol parlare”. L’accompagnamento alla morte è uno dei temi proposti nella mattina di domenica attraverso un video intenso e potente, dove un canto giornaliero accarezza gli ultimi giorni di una signora isolata dagli affetti familiari, distesa in un letto di una casa di riposo in attesa della morte “grazie, qui non viene più nessuno a trovarmi ” è la desolante richiesta di presenza, la triste realtà di abbandono in cui versano quegli anziani rimasti soli per le vicissitudini della propria storia e per una contemporaneità che ha frammentato la famiglia, spezzato quei legami di rispetto e appartenenza. “Sotto le cime di quegli alti monti la mamma mia riposa tra i fior” è il canto sussurrato alla signora, accompagnato più dal respiro del mantice della fisarmonica che dalle note dei tasti. Le canzoni popolari ricordano la vita agli anziani, non sono canzonette da tre note, sono canti che hanno il potere di evocare, mezzi intermediari con cui parlare di ‘certe cose’: la morte, un addio. Spesso il testo drammatico si accompagna ad una musica allegra, sono i due piani su cui appoggiarsi, senza cadere. L’incontro con la morte in una casa di riposo è doppiamente doloroso, un luogo che per quanto accogliente, non è casa, spesso gli anziani sono da soli ad affrontare una dipartita tra il silenzio delle mura e i rumori quotidiani di chi è indaffarato ad altro.

“E’ necessario esserci, andare verso la persona”  il tempo della musica è il tempo dell’uomo, la musica traduce il non detto “stenografia delle emozioni” muove e commuove anche attraverso una pausa e un silenzio. “ Io non sono andato solo per lavorare con Caterina, ma Caterina mi ha fatto imparare anche a suonare – dichiara Roberto Bellavigna – noi siamo accanto, dietro, avanti, a supporto della persona e delle figure che lavorano con la persona, ci siamo, è necessario in équipe essere collaborativi: animatori, operatori, terapisti della riabilitazione, familiari, direttori sanitari, musicoterapeuti. Tutti”.

Tante domande restano aperte, ad esempio quelle legate alla musica generazionale “quali saranno i suoni e i canti che i musicoterapeuti useranno nel futuro? I canti popolari restano, ma stanno scomparendo le persone che avevano con loro un legame profondo. La musica è un incontro, ma come conciliarla oggi con l’individualismo imperante? Come si interverrà sulle patologie del futuro?” Altri interventi hanno proposto una riflessione sulla difficoltà di chi lavora in una struttura spesso rigida, basata su un intervento orientato alla cura e all’igiene e sempre meno indirizzato alla persona e alla sua storia, in cui si compilano schede che rilevano quel che non si è più e non quello che resta.

Si lavora sulla divergenza di opinioni, sulla ricchezza della diversità, sull’attenzione all’interpretazione, che comunque è “sempre personale’ sulla bellezza dell’incontro con l’altro che non bisogna mai dare per scontato, perché è sempre un piccolo miracolo.  Un canto corale in questo particolare setting, in un cerchio che incrocia un gioco creativo di voci e vibrazioni, chiude il sipario del Piccolo Teatro. “La musica è accanto alla nostra vita anzi è dentro”. (s.lup)

Per approfondimenti: www.musicoterapia-anziani.eu

Bologna, seminario Musicoterapia Anziani (19 e 20 maggio)

Seminario Musicoterapia Anziani
Sabato 19 Domenica 20 Maggio Bologna


“LA MUSICA DELLA VITA”

– MUSICOTERAPIA ANZIANI  DISABILITA’ – Calendario Giornate di studio
Sabato 19 Domenica 20 Maggio Bologna

Attività musicali, musicoterapia,con Anziani e Ragazzi con disabilità
Al termine del corso verrà consegnato attestato di partecipazione.
Evento promosso dalla Rivista OnLine Musicoterapia-anziani.eu in collaborazione con associazione Artiesuoni 

Il corso vuole essere un approfondimento sull’utilizzo della musica nelle relazioni di aiuto in ambito geriatrico e scolastico nonchè nei centri ove vi siano ragazzi disabili. Allo Stage possono partecipare musicisti, operatori del sociale, medici, infermieri, fisioterapisti, insegnanti, coordinatori struttura, psicologi, studenti di scuole di musicoterapia di nazionalità italiana o straniera. 
Non vi sono limiti di età, non è richiesta una specifica competenza musicale specifica di base. Chi vuole portare con sè strumenti musicali personali di proprio gradimento è invitato a farlo.


IMPORTANTE
: I seminari per essere confermati devono avere almeno 7-8 iscritti. Nel caso si raggiungesse un numero di iscritti superiore al numero consentito (numero max iscritti differente nei vari appuntamenti) verranno programmate più date di incontri da concordare con la segreteria del corso. Questa pagina verrà costantemente aggiornata con con l’inserimento di altre date e città e il completamento sostituzione del materiale informativo.


Contenuti generali:

– Musicoterapia, animazione musicale, 
video, esempi, schede tecniche operative.
La creazione di una stanza multisensoriale 
 a scuola, nei centri con ragazzi disabili,
istituti geriatrici
– Musicoterapia in casa di riposo: 
Alzheimer, Parkinson Demenza, Ascolto musicale; le qualità della musica, 
il repertorio, le proposte possibili; 
Grafici sonori
Musica movimento, Danze, Coreografie,
socializzazione, Il corpo in gioco
Analisi Video sedute di 
Musicoterapia singoli e gruppi
Canzoni in terapia, Canzone creativa
Identità, ricordo, recupero cognitivo
Dal pentagramma alla scrittura facilitata
Setting, costruzione Strumenti musicali
Musica Accompagnamento al
termine della Vita
Bibliografia di riferimento, Area riservata, Documentazione OnLine
(I contenuti sopra menzionati nel tempo disponibile, con una particolare attenzione alle richieste dei presenti, nelle varie possibilità attuative,  saranno concordati con gli iscritti in sede di corso)

 

Bologna Sabato 19 Domenica 20 Maggio

 

Sede incontro c/o  ”Centro  Croce Coperta” Via Papini 28 40129 Bologna
Download Programma e Scheda di iscrizione
Iscrizioni attivate segreteria organizzativa Associazione Arti e Suoni www.artiesuoni.com