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Torna “Teatro a km0” spazio di incontro per tutte le realtà che amano il palco

unnamed (1)Con lo spettacolo “Più di là che di qua” della compagnia PerNienteStabile torna “Teatro a km0”, la rassegna nata dalla collaborazione tra cooperativa Lagodarte e Compagnia teatrale La Lut con il Teatro di Montisi e Straligut e con il supporto di Fondazione Musei Senesi. Al Teatrino Gori Martini di Serre di Rapolano (Rapolano Terme) domenica 15 marzo arriva la divertente commedia in due atti di e con I Pernientestabili, con Marco Raffaelli aiuto alla regia e Laura Vignali assistente di scena. “Più di qua che di là” racconta di una tranquilla mattina come tante altre, in cui Ugo e sua moglie Carla sono comodamente seduti in giardino: parlano, sparlano e battibeccano, come al loro solito. Tra una tazza di caffè e una tisana, però, cominciano a rendersi conto che quella giornata non è come tutte le altre. Tra notizie inaspettate, fenomeni paranormali e visite indesiderate, il loro mondo – già caotico e frizzante – si trasforma ben presto in un susseguirsi di equivoci divertenti e dialoghi surreali e, come se non bastasse, il finale… È a sorpresa!

“Teatro a km0” è basato sull’idea di uno spazio, di un luogo di incontro performativo tra tutti coloro che, sul territorio, amano il palco. Al Teatro Gori Martini di Serre di Rapolano vanno in scena compagnie locali, composte da persone che fanno della recitazione una passione costruita “strappando tempo” alla vita quotidiana. Una rassegna per dare opportunità e voce a tutte quelle realtà che a volte fanno fatica ad esprimersi, con l’intento di andare a rafforzare ancora di più il rapporto tra teatro e comunità locali.

Biglietti 5 euro intero, 3 euro ridotto.
Per informazioni è possibile visitare il sito http://teatroalmuseo.blogspot.it/ o chiamare il numero 338 3896449.

Tutte le attività della Fondazione Musei Senesi sono consultabili sul sito internet www.museisenesi.org, seguendo su Facebook Fondazione Musei Senesi o su Twitter @museisenesi

MARIA E IL DRAGO. Spettacolo teatrale per bambini e adulti

dragoL’Associazione Culturale Spaziottagoni ospita nuovamente domenica 19 ottobre 2014 alle ore 16, lo spettacolo teatrale “Maria e il drago”, di Aldo Giovannetti, che sarà rappresentato dalla Compagnia “I filodrammatici di Trastevere”, un gruppo di recente costituzione che ha già messo in scena spettacoli per adulti. Francesca Morelli sarà Maria; Monica Mazzei: Maria Nicola; Mara Abruzzese: Rossana; Loredana Germani: la Segretaria; Marco Lucidi: Guardia Giuseppe e Patrizio Pasquinelli: il Drago.  “Maria e il drago” è uno spettacolo per ragazzi, nato molti anni or sono, nello storico Teatro Didattico Il Torchio, creato da Aldo Giovannetti, che s’impose all’attenzione degli insegnanti, degli psicologi e del mondo culturale per la capacità di coinvolgere attivamente il pubblico nell’azione drammatica. Gli spettacoli ideati da Aldo Giovannetti, infatti, hanno bisogno della collaborazione dei giovanissimi spettatori per risolvere i vari problemi che via via emergono nel corso della commedia.

La storia è semplice come una favola: in un paese come qualunque paese reale vive un Drago che non è un Drago, ma un despotico capo che vuole sposare Rossana, una ragazza che non lo ama. Maria, che arriva dal paese dell’antifavola, interviene per dare man forte a Rossana, però, da sola, non potrebbe riuscire nell’impresa, perciò chiede ed ottiene l’aiuto dei sudditi del Drago (cioè gli spettatori) i quali si uniscono a lei per trovare, di volta in volta, le soluzioni. Alla fine il Drago viene smascherato e condannato a riabilitarsi attraverso lo studio e il lavoro. Rossana è quindi libera di operare le sue scelte, come tutti i cittadini non più costretti a sottostare alla volontà di un despota.

 

MARIA E IL DRAGO Spettacolo teatrale per bambini, ragazzi e adulti
Domenica 19 ottobre 2014, ore 16
Spaziottagoni  (via Goffredo Mameli, 700153 Roma-Trastevere)

 

Piccoli amanti d’arte… Tommaso racconta una sera a teatro

Pubblichiamo la piccola recensione scritta da Tommaso (8 anni) dopo aver assistito allo spettacolo “Il Bastone dei Miracoli”, messo in scena il 7 giugno 2014 al Teatro delle Api di Porto S. Elpidio dagli ospiti ed operatori dei Centri socio educativi – riabilitativi CSER “La Serra” di Sant’Elpidio a Mare (FM) e CSER e COSER “La Cittadella del Sole” di Porto S.Elpidio (FM) , per la regia di Roberta Fonsato. Lo spettacolo è stato il frutto di un laboratorio teatrale durato sei mesi.
Invitiamo altri bambini a scriverci i loro pensieri (anche semplici spunti) su mostre e spettacoli teatrali alle quali hanno assistito…abbiamo bisogno di altri sguardi…

Penso e scrivo

8/06/2014
P1060085_800x600Ieri sera sono stato al Teatro delle Api a vedere lo spettacolo “Il Bastone dei Miracoli”. È stato molto bello perché i ragazzi erano bravissimi a recitare. Si sforzavano per farsi capire (perché erano disabili).
Alla fine questi attori speciali hanno ricevuto moltissimi applausi e il pubblico si è commosso. La regista di questo spettacolo si chiama Roberta ed è stata molto brava anche lei.
Tommaso (pensa e scrive….ha quasi 8 anni)

IL BASTONE DEI MIRACOLI, in scena il valore di un lascito umano

tendone

“Licurgo padre di 8 figli è in punto di morte, chiama a raccolta tutti i figli (che hanno i nomi dei personaggi dell’Iliade e l’Odissea) e prima di spirare lascia “la sua eredità”. L’eredità invece di consistere in soldi e averi è un libro sotto forma di racconti, uno per ogni figli e ogni racconto verterà su morali differenti che richiamano gli archetipi omerici, quali il coraggio, l’amore, la giustizia….”

 

P1060054 - Copia_800x600Lo spettacolo “Il Bastone dei miracoli”, messo in scena al Teatro delle Api di Porto S. Elpidio dagli ospiti ed operatori dei Centri socio educativi – riabilitativi CSER “La Serra” di Sant’Elpidio a Mare (FM) e CSER e COSER “La Cittadella del Sole” di Porto S.Elpidio (FM) , per la regia di Roberta Fonsato, è il frutto di un laboratorio teatrale durato sei mesi. E’ uno spettacolo articolato, che vede nell’alternarsi di ambientazione tra il mondo classico e quello contemporaneo il ripercorrere ciclico degli archetipi della vita, che sempre ritornano. Sulla base di un canovaccio tratto dall’omonimo testo di Salvatore Niffoi, gli attori hanno costruito la loro storia, dove i testi sono i loro vissuti, il loro esprimersi sui temi “alti” della vita: l’amore, il coraggio, l’amicizia, la giustizia, la curiosità, la bellezza.

P1060055_600x800Temi cari al mondo antico, un po’ in disuso nel mondo contemporaneo. In parte la provocazione è stata anche questa: appropriarsi di temi apparentemente semplici, a tal punto da diventare quasi “fuori moda”, per restituirgli un valore naturale, quello della vita di tutti i giorni, della storia di ognuno di noi. L’effetto sul palcoscenico è stato sorprendente, la presenza costante dei 28 attori, che a mo’ di coro intervenivano nelle scene centrali, ha contribuito a dare un valore aulico allo spettacolo.

Di forte impatto sono state anche le inserzioni delle danze: dalla danza sacra, eseguita con geometrica coordinazione, all’assolo disco dalle tinte psichedeliche, passando attraverso la danza tutta al femminile delle tessitrici in onore di una Penelope che attende il suo Ulisse. Il gruppo si mostra preciso e consapevole nei cambi di scena en plein air, dove non essendoci l’uso delle quinte per il cambio scena, esegue tutto visibile al pubblico. Questo mostra sicuramente la preparazione teatrale consolidata del gruppo medesimo, che è alla sua quarta produzione scenica. Interessante a livello registico è stata la scelta del “ribaltamento” attore-pubblico: infatti con la presenza del coro in scena, gli attori che occupavano la scena centrale, di tanto in tanto girati di spalle al pubblico, diventavano gli attori del coro stesso, in un ribaltamento scenico che ha provocato un certo disorientamento al pubblico.

P1060085_800x600Il disorientamento recato al pubblico del resto ha connotato un po’ tutto lo spettacolo, che si apre con la musica della colonna sonora di Star Trek, che pare annunciare l’arrivo di una navicella spaziale ed invece anticipa una scena dove gli attori leggono in greco antico. Il finale si chiude con lo stesso spirito disorientante dell’inizio, nel ribaltamento attore-pubblico, la doppia battuta di omerico richiamo: “chi sei?” “nessuno”, prima tra il coro e un attore e poi tra lo stesso attore e una voce sconosciuta tra il pubblico, che in quel “nessuno” nomina tutti i presenti in sala, come non riconoscersi? Una Standing ovation per un gruppo di attori, che nulla invidia a professionisti della scena, chiude la serata sulle note di Celia Cruz...la vida es un carnaval…

 

 

“Parkin’son”, la danza struggente di padre e figlio per raccontare il morbo

image“Uno dei miei primi ricordi da bambino è mio padre che guida in auto e canta ‘Il mondo’…”. Sono proprio le parole e le note della canzone di Jimmy Fontana a introdurre nel silenzio di un palco, il profondo e commovente racconto proposto dallo spettacolo di danza  “Parkin’son”, storia reale e ancora attuale di Stefano e Giulio D’Anna, un padre e suo figlio. Terapista over 60, affetto dal morbo di Parkinson e senza una formazione di danza il primo, giovane coreografo e danzatore il secondo, due generazioni a confronto, che si parlano attraverso un’intensa comunicazione corporea. Ma cosa ci possono raccontare “due corpi essendo, allo stesso tempo, l’uno l’idea del futuro e l’altro quella del passato? In “Parkin’son” i due interpreti, esplorano la loro relazione “una collezione di eventi personali, drammatici e non, che trovano la propria testimonianza sulle linee della pelle e sulle forme di due corpi legati dal sangue e dalla propria storia”.

Una bella storia, da condividere nella giornata mondiale dedicata al Parkinson che si celebra oggi, 11 aprile, in occasione dell’anniversario della nascita di Sir James Parkinson, scopritore della malattia. Seconda patologia neurodegenerativa in ordine di frequenza dopo l’Alzheimer, la sindrome, colpisce in Italia oltre 230 mila persone, delle quali circa il 5% con un’età inferiore ai 50 anni, nel mondo si contano oltre 4 milioni di malati, e stando a studi indipendenti, entro il 2030 il loro numero raggiungerà circa 8,7 milioni. “Parkin’son” rappresenta la sfida di un figlio che per affrontare la malattia del genitore, decide di coinvolgerlo in un progetto di danza in cui raccontare la loro personale esperienza familiare e il coraggio di un padre nel rispondere sì. La forma artistica si rivela un ottimo mezzo grazie al quale sensibilizzare il pubblico circa gli effetti della parkinson, le ricadute sugli individui, le famiglie e la comunità.

imageQuestione di equilibri.“L’arte ci aiuta nel trovarci, nel perderci, nel sentire, nel comprendere, scrive il coreografo Giulio D’Anna. Credo ci aiuti a essere pienamente esseri umani, qualsiasi cosa questo ‘ruolo’ possa voler dire per ognuno di noi”. Il movimento dei due protagonisti crea una “partitura che si muove tra teatro e astratto dove la malattia marca limiti da oltrepassare”.  Padre e figlio si confrontano e confortano a momenti alterni e la malattia è qualcosa che unisce, in un processo che non è solo di chi la subisce, ma è anche nell’intimo di colui che lo affianca,  passo dopo passo. Il progetto è al tempo stesso “un diario e un manifesto, un’esorcizzazione” dove le percezioni del tempo, passato, presente e futuro, si mescolano attraverso nozioni personali e scientifiche”.

La malattia fa parte di un gruppo di patologie definite “disordini del movimento”, in un crescendo in cui il disordine diventa gesto e danza, tra incontro e scontro, abbracci, schiaffi, piroette, tremori, rigidità, lentezza dei movimenti e perdita dell’equilibrio,i D’Anna riescono nell’arduo intento di raccontare un processo esistenziale fisico ed emotivo e, nello stesso tempo, evidenziare le reazioni dei principali sintomi della malattia. Lo spettacolo che è stato vincitore del “Premio Equilibrio 2011” l’appuntamento dedicato alla danza contemporanea italiana, “nasce dal desiderio di usare ‘il limite’ come fonte di possibilità e raccontare le due storie con la scansione cronologica delle vite illustri, puntando all’esaltazione di momenti e fatti che, ad un occhio esterno, potrebbero non sembrare degni di nota ma che rendono l’esistenza memorabile”. La malattia non è sullo sfondo è nel centro, entra, si insinua, ma non frena, perché le spalle di un padre sono grandi per affrontarla e quelle del figlio, ora uomo, sono pronte a sostenerlo attraverso l’amore. In fondo, come cantava e canta papà D’Anna “Il mondo. Non si è fermato mai un momento. La notte insegue sempre il giorno. Ed il giorno verrà”. (Slup)

Fonte:Redattore sociale