Archive for: Settembre 2021

Torna il TreeArt Festival: natura e arte strumenti generativi di incontro e relazione

Cultura, arte, divulgazione scientifica e sostenibilità saranno al centro dell’innovativo TreeArt Festival, che torna nella suggestiva cornice di Buttrio, località in provincia di Udine, dal 23 al 26 settembre, con la sua seconda edizione. L’evento, che avrà luogo presso la settecentesca Villa Florio e all’interno del suo secolare parco botanico, è organizzato dal Comune di Buttrio con i partner Giant Trees Foundation, per lo sviluppo delle iniziative scientifiche, e Opificio 330 per le iniziative artistico-culturali. Una manifestazione in cui artisti, scienziati e divulgatori celebrano una visione della natura come “strumento generativo” di incontro e di relazione, con una ricca proposta di dibattiti, incontri e performance, ma anche momenti esperienziali en plein air, mostre d’arte e concerti. Un festival nel segno della sostenibilità, nato lo scorso anno per diffondere e ampliare la sensibilità green facendo dell’albero, del suo ciclo di vita, della metamorfosi e l’utilizzo dopo la sua morte, metafora di un sistema di vita sostenibile e partecipato.

Durante il TreeArt Festival, Villa di Toppo Florio sarà soprattutto il palcoscenico naturale per le gigantesche installazioni del prestigioso artista francese Christian Lapie, che vanta installazioni in ogni parte del mondo, in particolare Giappone, Canada e Stati Uniti. Lapie approda per la prima volta in assoluto in Italia proprio in occasione del TreeArt Festival di Buttrio con l’esposizione delle sue monumentali opere lignee che resteranno visitabili fino al 24 di ottobre prossimo. L’artista d’oltralpe ha iniziato a lavorare il legno in grande formato nella foresta amazzonica proseguendo nel tempo la produzione di questa tipologia di opere che sono ormai divenute il leit motiv della sua creazione artistica recente. I suoi lavori mettono in discussione la nostra memoria individuale e collettiva. Sono installazioni di figure spettrali che nascono da luoghi scelti, intrisi di storia. Qualunque sia il continente, queste figure senza volti, monumentali e potenti, interrogano e destabilizzano.

©benoitpelletier

La meravigliosa poesia delle sue creazioni nasce proprio dalla trasformazione dell’albero, sposando perfettamente il tema portante di questa edizione del Festival friulano, che indaga sulle molteplici opportunità della sua metamorfosi. Lapie rigenera l’albero, lo scolpisce e talvolta carbonizza i tronchi imponenti fino a renderli personaggi epici e magnetici. Sono delle forme antiche, primordiali e dinamiche che animano le memorie di ognuno di noi e ci accompagnano verso un cammino dal destino imprevedibile. All’artista di fama internazionale sarà dedicata una personale all’interno degli spazi di Villa di Toppo Florio mentre nel parco all’esterno della dimora storica troneggerà un’opera di oltre sei metri di altezza, per 2,5 tonnellate di peso, che verrà lasciata dall’artista in modo permanente per contribuire alla creazione di un museo contemporaneo a cielo aperto. Les secrets en equilibrio, l’opera scelta da Lapie, è formata da due sculture «dritte e protettrici – come spiega lui stesso– che chiamano a sé, hanno la forza dell’attrazione, generano aggregazione».

S’Affuente: la magia di uno strumento “non solo musicale” e la sapienza di un artigianato vivo

di Sabrina Lupacchini

“Viaggiare. Perdere paesi. Essere altro costantemente, non avere radici, per l’anima, da vivere soltanto di vedere” (Fernando Pessoa)

I viaggi arricchiscono lo sguardo, amplificano i sensi e se hai il gusto di coglierne la sostanza, quei luoghi finiscono per appartenerti così nel profondo che diventano altre dimore in cui vivere. In Sardegna ci vado da una serie lunghissima di anni per un legame che, partendo da una storia familiare, è divenuto nel tempo affine a questa terra ed ha finito per confondersi con essa, incrociandone destini. In uno degli ultimi passaggi sardi nella Comunità di Sestu (CA), che vi invito a conoscere attraverso il sito, mi sono imbattuta in un affascinante “disco armonico”, l’Affuente, che Dionisio Pinna e Renzo Zucca stavano realizzando nel laboratorio artistico-artigianale di sbalzo su rame della Comunità. Un oggetto esteticamente bello, contenitore di cose e silenzi, strumento musicale, piatto da appendere… Il sacro, il profano, la tradizione, l’arte e il suono. Incuriosita, ho chiesto loro di raccontarmene la storia. Gli amanti dell’arte e dell’artigianato possono comprenderne il valore, i musicisti invece, potrebbero addirittura innamorarsene.

“L’Affuente è uno strumento improprio, ovvero non realizzato originariamente per produrre suoni ma che saltuariamente svolgeva questa funzione”, racconta Pinna. “Si trattava infatti di un piatto prevalentemente in ottone lavorato a sbalzo con intarsi pronunciati raffiguranti fiori, grappoli d’uva, pampini, croci o disegni astratti; tenuto in posizione verticale, veniva percosso con una grossa chiave sui bordi o raschiato sul fondo a ritmo di musica. Oggetto sacro e parte del corredo delle chiese, fin dal tardo Medioevo è attestato il suo utilizzo per sollecitare e raccogliere l’obolo dei fedeli o per deporvi le spine del Cristo e i chiodi del crocifisso durante la deposizione (S’Iscravamentu) o, infine, per poggiarvi gli oli sacri durante la funzione del battesimo. Si trasformava però in oggetto profano durante il carnevale quando, affidato dal parroco alla popolazione, veniva impiegato per dare il tempo ai balli tradizionali sardi, in particolare su ballu de s’Affuente, ballo tipico che sopravvive ancora nelle zone di Ottana (Nuoro) e Ghilarza (Oristano).

L’Affuente realizzato nel Laboratorio della Comunità di Sestu (Cagliari)

“Il modello qui fotografato, realizzato dalla cooperativa Comunità di Sestu, ha richiesto un lungo lavoro, interamente manuale – continua Pinna -sia nella fase di progetto che nella sua esecuzione. Utilizzando una lastra di ottone crudo di 1,2 mm di spessore, mantenendo il motivo centrale fedele alla tradizione e sbalzandolo con ceselli particolari, si è cercato di decorarlo con motivi legati alla tradizione della Sardegna, che sono stati incisi utilizzando punte particolari. La curvatura si è ottenuta con ceselli sagomati facendo scorrere la superficie dell’ottone dal centro verso la periferia e avvolgendo l’intero bordo intorno ad un filo di ferro di mm 6. Verificando continuamente la qualità del suono, strofinando o battendo un ferro nella zona posteriore, utilizzando anche legni duri sagomati, il piatto è stato corredato di una striscia di cuoio che ha la funzione di accogliere il pollice sinistro del percussore/raschiatore. In tale modalità il suono si irradierà grazie alla sua posizione aerea”.

Attualmente l’uso dell’Affuente è prevalentemente legato all’accompagnamento del ballo e viene usato in alternativa ad altri strumenti musicali sardi: launeddas, organetto, scacciapensieri, zufolo, chitarra, canto a tenore, ecc.

RENZO ZUCCA CI FA SENTIRE IL SUONO DELL’AFFUENTE

(Scarica AUDIO)

“Il vero artigianato non gode buona salute – si legge nella pagina del sito della Cooperativa Comunità di Sestu -.  Si è ridotta notevolmente la sua importanza; per giunta è quasi impossibile, oggi, trovare lavori su commissione per conto terzi da altri settori produttivi. Nel nostro caso, la messa in comune delle eventuali altre risorse individuali sopperisce alla riduzione delle entrate da lavoro e una sapiente gestione della spesa collettiva fa sempre da linea guida per fronteggiare ogni situazione difficile”. La Comunità di Sestu nasce il 24 giugno 1972, forti dell’esperienza di Capodarco di Fermo nella Marche, una delle prime comunità in Italia a cercare di offrire alle persone con disabilità un’alternativa alla vita di istituto o all’isolamento in famiglia. Nel 2022 la realtà sarda festeggerà i suoi primi…cinquant’anni. 

“Viaggiare, così è viaggio. Ma lo faccio e non ho di mio più del sogno del passaggio. Il resto è solo terra e cielo”… e mare.