Category: Salute mentale

Percepire l’invisibile…

Sarà proiettato mercoledì 1° giugno alle ore 19:00 presso lo spazio SCENA di Roma il documentario “Percepire l’Invisibile” di Tino Franco. Una virtuosa esperienza terapeutica che potrà essere condivista con la platea del nuovo spazio polivalente e polifunzionale della REGIONE LAZIO. La proiezione sarà introdotta dagli interventi del regista e dello sceneggiatore Matteo Martone.

Il film presenta la storia di un gruppo di utenti del Dipartimento di Salute Mentale al quale, a causa della pandemia, viene tolta la possibilità di ritrovarsi al Cinema. Gli utenti, in pieno lockdown, decidono quindi di girare il cortometraggio che hanno scritto durante il laboratorio di sceneggiatura organizzato dall’associazione culturale NEL BLU STUDIOS, per raccontare l’indifferenza che avvertiamo tutti.  
“Riuscire a realizzare questo film – afferma il regista – è stata l’opportunità far vivere l’esperienza di scrittura, coordinata da Matteo Martone, editor di RAI Fiction, e far seguire, agli utenti, rispettando i protocolli di sicurezza, la realizzazione del loro piccolo film, che ha un suo intrinseco valore etico e inclusivo”.

Il documentario è il racconto della sfida raccolta dagli utenti di diventare Autori di una storia scritta con la macchina da presa. Un racconto personale che appartiene a loro come appartiene a tutti noi: l’uomo invisibile, un classico del cinema, diventa nel  film un uomo invisibile alla ricerca di un lavoro, per ricordarci che chi non lo ha perde ruolo sociale e identità.

“L’esperienza di scrivere e girare con gli utenti della ASL – continua Franco – è stata l’occasione per mostrare la vita e la creatività di persone che normalmente non vediamo o peggio non vogliamo vedere perché le consideriamo una minaccia per la comunità, perché tra tutte le disabilità quella mentale è quella che fa più paura”.

Il film è stato realizzato durante la pandemia Covid 19, e ripercorre le tappe del laboratorio nel quadriennio 2019-2022: dalle classi di scrittura creativa alla realizzazione del cortometraggio, fino alla proiezione dello stesso davanti alla platea attenta e partecipante del Cinema Farnese. 

L’ingresso è gratuito con obbligo di mascherina e di prenotazione ai seguenti contatti: 
via Whatsapp: 3668301304
telefono fisso: 0651685734
via mail: staffscena@gmail.comMaggiori informazioni sul docufilm al sito

Maggiori informazioni sul docufilm al sito

https://www.spaceoff.it/productions/percepirelinvisibile/

Teatro: dalla quarta parete alla quinta parete…di plexiglass

Con il termine quarta parete si indica un “muro immaginario” posto di fronte al palco di un teatro, attraverso il quale il pubblico osserva l’azione che si svolge nel mondo dell’opera rappresentata. Un muro immaginario dunque che delimita quel luogo eterotopico che abita tra la finzione e la realtà dell’universo teatrale.

“Rompere la quarta parete” prende origine dalla teoria di Bertolt Brecht del “teatro epico” ( sviluppata partendo da – e in contrasto con- la teoria del dramma di Konstantin Stanislavski) e fa riferimento a un personaggio che si rivolge direttamente al pubblico, o che riconosce attivamente che i personaggi e l’azione non sono reali. Questo produce l’effetto di ricordare agli spettatori che quello che stanno vedendo è finzione. Rompere un muro invisibile, far cadere il velo della finzione e mostrare la realtà.

Leggere queste espressioni che accompagnano il teatro da molti secoli (già gli antichi romani avevano il concetto di quarta parete), alla luce di questo tempo post Covid (un tempo che vede i suoi teatri e luoghi di cultura chiusi, che ha fatto della realtà una condizione che supera la stessa finzione), suona senza dubbio stridente. Mi chiedo cosa significa ora “rompere la quarta parete”, andare oltre questo muro immaginario, che delimita il border tra finzione e realtà, che miscela attori e pubblico…un silenzio muto abita platea e scena, la quarta parete osserva.

In questo nuovo scenario la spinta dell’arte straripa e supera la quarta parete e così presso una Comunità terapeutica con pazienti con patologia psichiatrica, dove svolgo ormai da anni la mia attività di conduzione laboratorio teatro e dopo mesi  di incontri teatrali online, si decide di tornare in presenza, ovviamente in massima sicurezza. Come? Utilizzando una parete, non immaginaria, ma invisibile, di plexiglass  tra i partecipanti e la conduttrice, una quinta parete teatrale, per unire la presenza tra loro e lei. La presenza, una parete invisibile, finzione, realtà, la plastica che unisce, la plastica che divide.

Roberta Fonsato durante il laboratorio teatrale

Mi sto chiedendo ogni volta che effetto mi fa, fare lezione in 2 mt quadrati, separata dai partecipanti e avere il desiderio di scavalcare quella parete e stare in mezzo a loro, vivere la grandezza del teatro, fatto di respiri, tocco, odori e molto altro. Sento la presenza del gruppo, l’accoglienza nel rendermi partecipe aldilà della plastica. M’interrogo su molti punti e poi osservo quella quinta parete invisibile, ma presente, che permette la presenza, guardo i loro occhi, i loro sorrisi (in quanto “congiunti” possono stare senza mascherina) e penso che anche questa volta il teatro, l’arte hanno vinto!

di Roberta Fonsato
(Regista – Psicologa del lavoro – Art Based Facilitator)

Salute mentale. “Tra le righe” del pentagramma musicale per incontrarsi e parlare della propria vita

“Quando salgo sul palco quello che mi piace di più è quando l’uditorio non sa cosa si aspetta e alla prima nota fa un oh di sorpresa perché sicuramente no portino delle grosse novità” sono le parole di Francesco, ospite della Comunità protetta ad alta assistenza “Gabbiano” e musicista, con altri, del gruppo TRA LE RIGHE, composto dagli ospiti della CPA e del centro diurno “Eureka”. Il laboratorio musicale “Personal-mente” nasce nel 2015 come attività rivolta a persone con disagio psichico grazie al musicista Davide Zubani, in collaborazione con l’Associazione “Punto. A Capo” e il servizio di Salute Mentale della Cooperativa “Il Gabbiano” di Pontevico (BS). L’obiettivo di questo progetto sociale è quello di sensibilizzare le persone su questa particolare tematica e dare un’opportunità di integrazione a coloro che devono affrontare questa fase di disagio e fragilità.

“Realizzare questo progetto ci ha dato la possibilità di stabilire un particolare legame con gli ospiti del servizio. Attraverso i brani gli ospiti hanno avuto la possibilità di condividere la loro storia di vita, le varie fasi del loro disagio psichico, senza stigmi e tabù – spiega Davide Zubani, ideatore del laboratorio musicale “Personal-mente”-  Ogni storia che viene raccontata attraverso i testi è unica e merita di essere condivisa con sensibilità e discrezione poiché può rappresentare un’importante chiave di lettura per conoscere e apprezzare la diversità con cui si può vedere il mondo o vivere una vita”.

All’interno di uno studio di registrazione, i componenti del gruppo hanno avuto la possibilità di raccontarsi e di condividere le proprie esperienze attraverso testimonianze dirette registrate e con lo studio degli strumenti a percussione. Ispirato dai loro racconti di vita Davide Zubani, in stretta collaborazione con il Coordinatore Responsabile Sergio Lussignoli, ha poi scritto i testi e arrangiato le musiche per dar vita a dei brani inediti di prossima pubblicazione.

“Scivolavo sempre senza riuscire a trattenermi. Ho incontrato una musica. Ma non solo la musica. La musica fatta con altre persone che manifestavano gli stessi miei problemi. Quindi, questa musica da semplice manifestazione sonora è diventata un’onda che ha coinvolto me e le persone con cui in questo momento convivo. Spero che questa attività serva ad allontanare tutti i fenomeni di tipo medico che possono ancora ostacolare la mia vita” spiega nel video un altro ospite del servizio di salute mentale. Ecco un’anteprima delle attività realizzate durante il laboratorio “Personal-mente” e della performance degli ospiti del servizio di Salute Mentale della Cooperativa “Il Gabbiano” all’Azienda Ospedaliera di Desenzano del Garda (BS).

[youtube]https://youtu.be/Hi4aihy77lc[/youtube]

(sabrina lupacchini/slup)

La Festa di colori e lo splendente e “articolato mondo mentale” di Tarcisio Merati

Tarcisio Merati. Aeroplanino, tempera su carta, 100×75,5 cm

Conosciuto solo da una ristretta cerchia di collezionisti, Tarcisio Merati “è l’artista manicomiale per eccellenza: al riparo dal mondo ostile contro il quale si è paludato in forma di romanziere, musicista, uomo politico, maestro; al riparo dalle miserie e dalle volgarità può finalmente dedicarsi all’esercizio della meraviglia” scrive così Bianca Tosatti che nel 2006 ne consacra la fama tra gli autori storici dell’arte Outsider, quando un’intera parete del Palazzo della Ragione di Bergamo, fu ricoperta dai colori brillanti delle lettere dell’alfabeto, decorate dall’artista e proposte nell’esposizione “Oltre la ragione. Le figure, i maestri, le storie dell’arte irregolare”. La sua prima mostra risale al 1993 presentata da Vittorio Sgarbi al Teatro Sociale di Bergamo.

Tarcisio Merati. Macchinetta, 1975, tempera su carta

Tarcisio Merati nasce a Bonate Sopra, vicino a Bergamo, nel 1934, a 25 anni subisce il primo tracollo psichico e nel 1959 entra per la prima volta nell’ospedale neuropsichiatrico di Bergamo. “Nel 1975 scopre la pittura e fino al 1983 la produzione artistica è enorme. Frequenta l’atelier interno all’istituto dalla mattina alla sera e non ha altro interesse che l’attività artistica. Tarcisio, “liberato” dalla pittura, sceglie di ripartorire se stesso. Per vivere la sua vita, ha bisogno di un altro codice; ha bisogno di disegnare, colorare, inventare, delirare. Così sceglie il manicomio anche quando sua sorella decide di riportarlo a casa. Per sette anni Tarcisio non dipinge più, fino a quando nel 1991, dopo le sue continue richieste di tornare nel “castelletto” (così chiama l’ospedale) viene trasferito in una casa di riposo e riprende a frequentare l’atelier, seguito dall’attenzione affettuosa di Silvia Pesce. Il suo mondo si popola di nuove immagini, elabora un suo personale linguaggio. Ci sono gli “uccelletti”, le “macchinette”, oppure la serie delle “turbine”, delle “carte d’Italia”, delle “lettere” decorate, gli “aereoplanini” gli “insetti”. Sono questi simboli, espressi in forme e colori che escono dal quadro per invadere lo spazio, che rendono ricca, intensa, emozionante e modernissima l’opera di Merati. Muore nel 1995”.

“Festa di colori”,  che inaugura mercoledì 3 maggio 2017 alla galleria Maroncelli 12 di Milano (in mostra fino al 30 giugno), si compone di una ventina di opere (inclusi due arazzi), “un linguaggio grafico che esprime l’articolato mondo mentale di uno degli artisti più potenti e meno conosciuti nel panorama dell’arte irregolare italiana. Merati dipinge un suo personale e liberissimo alfabeto, in un’esplosione di colori incandescenti e vorticosi che non hanno equivalenti nelle produzioni outsider del tempo”.

 

 

(sabrina lupacchini/slup)

“MinD Mad in Design”, tra design e psichiatria

Presso l’Auditorium Camplus Lingotto di Torino sono stati presentati lunedì 13 marzo i sei progetti di design, esito di MinD Mad in Design, un workshop di progettazione che coniuga design e disagio psichico ed esplora in modo inedito i luoghi dell’abitare in relazione alle varie forme della fragilità umana.

L’idea di “pausa”, soggetto della terza edizione, è qui intesa come momento di rigenerazione fisiologica e psicologica, come rito, come spazio individuale e di condivisione, ponendo al centro dell’azione di progetto il rapporto tra il benessere della persona e lo spazio progettato. L’approccio multidisciplinare che unisce design, architettura, psicologia e antropologia si trasforma in una pratica che fa dialogare insieme studenti, pazienti e designer, e questo è la specificità di MinD. “Abbiamo progettato non solo i luoghi della pausa, a partire dalla definizione fisica degli spazi e degli oggetti, ma anche il significato stesso dell’idea di pausa, nelle sue diverse accezioni, come esperienza, come bisogno, come momento di condivisione, scambio e interazione”. Giulia Mezzalama, coordinatore Mind Mad in Design)

MinD Mad in Design: il Design come strumento di inclusione sociale. Quando il design si confronta con lo spazio della mente umana, quando supera i limiti della presunta normalità, quando è stimolato dalla necessità del benessere a trovare nuove soluzioni e sa cambiare prospettive e punti di vista, allora il design può diventare “cura” e aprire a nuovi percorsi professionali e di riabilitazione. MinD – Mad in Design è un progetto didattico e culturale che affronta, nell’ambito della formazione universitaria e dell’inserimento nel mondo del lavoro, il tema del progetto dei luoghi del disagio mentale. MinD nasce da un’idea degli architetti Giulia Mezzalama e Sandra Poletto, della psicologa Elena Varini, ed è promosso da Camplus – Fondazione CEUR (Centro Europeo Università e Ricerca) con Blu Acqua, società attiva nell’ambito della residenzialità psichiatrica, con il sostegno della Compagnia di San Paolo e la collaborazione di istituzioni universitarie e aziende del settore. Articolato in un workshop e una serie di eventi collaterali, MinD sperimenta metodi di lavoro, approcci e soluzioni per un’idea di abitare socialmente inclusivo.
IL WORKSHOP – 
Nella prestigiosa sede del Camplus Lingotto di Torino, collegio universitario di merito della Fondazione CEUR, durante quattro giorni di workshop, dal 9 al 13 marzo 2017, 42 studenti universitari provenienti da tutta Italia (delle discipline Design, Architettura, Psicologia, Antropologia, Scienze dell’educazione e affini), insieme a 12 utenti seguiti dai servizi di salute mentale, si sono trovati per sperimentare nuove soluzioni per un abitare inclusivo. Seguendo un approccio multidisciplinare e olistico, e partendo dai bisogni della residenzialità psichiatrica, sei team di progettazione, guidati da designer professionisti.

MinD offre un’esperienza di formazione fortemente inclusiva e interdisciplinare, e l’occasione di impegnarsi in prima linea, mettendo in gioco le proprie competenze e abilità, nel superamento delle barriere del pregiudizio e dell’indifferenza nei confronti delle persone fragili. Partecipare a MinD significa relazionarsi direttamente con una parte della società emarginata, in una dimensione di scambio e ascolto reciproco, per la costruzione di una società più aperta e paritaria.