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Scritti da voi… “Appunti sul sogno e sull’arte”

Sogno e arte: ‘spazio interiore che profuma di onirico’

Il mondo dell’arte è strettamente “dipendente” dalla dimensione del sogno e dalla visione. Sarebbe impensabile e folle, tanto più in una cartella, poter comprimere le intuizioni che gli artisti hanno sviluppato utilizzando il sogno e la visione onirica. Tutta la storia dell’arte è segnata dall’esteriorizzare della dimensione inconscia, già le tribù preistoriche tracciavano nelle grotte impianti simbolici e sciamanici che sfociarono in un’arte che oggi potremmo definire “paradossalmente” contemporanea.

Il grande poeta inglese William Blake (1757-1827) declamava così il vivere reale, “il mondo dell’immaginazione è il mondo dell’eternità“. Molti altri, tra cui parecchi  psicoanalisti e  simbolisti potrebbero asserire:  “che il mondo degli archetipi e dell’essere interiore è la vera proiezione della realtà che ci circonda”. Concetto tra l’altro attualissimo, che lambisce anche il terreno della fisica quantistica, così come quello della mistica occidentale.

Il “vedere” onirico fa parte della nostra cultura, del nostro impianto di essere umani. Il sognare non è un elemento accessorio dell’esistenza, bensì una parte fondante del nostro sonno quotidiano, senza la fase Rem, l’uomo non sarebbe in grado di scaricare “a terra” stimoli e pulsioni che lo comprimono nelle follie della vita quotidiana. Nella rappresentazione, in arte, il sogno e la visione onirica, raccontano e divengono escatologia simbolica, esorcismo del vivere, ‘psicomagia’ dell’esistenza.

L’elemento razionale  difatti ha preso sempre  più possesso nella nostra vita, ponendo così al confino l’emozione e il sentimento, la percezione  irrazionale, il principio fondante dell’esoterismo (delle cose nascoste). Tuttavia l’arte è preposta per sua natura ad essere realtà storica di avanguardia, contestualmente esonerata da vincoli che rendono invece altre discipline succubi e legate al quotidiano e al raziocinio.

Chi genera arte non può che “riconnettersi” a quello spazio interiore che profuma di onirico, l’arte di per sé è una visione che trascende il quotidiano, uno  spazio limbico inadatto alla concezione meccanicistica e logica dell’esistenza, molto invece più propensa al sogno lucido, all’emozione forte del risveglio. L’operare in arte e nella rappresentazione in genere, diviene  movimento inconscio e allo stesso tempo visionario. Il colore, le melodie, il ritmo, la poetica divengono “esseri” interiori sempre più lontani dal percepire conosciuto e dal contesto mondano.

Gauguin ad Haiti va a ricercare, esternandola in pittura, una primordiale purezza, un primigenio senso interiore dell’esistenza e, al contrario degli impressionisti si fa beffa dell’esteriorità delle cose e della luce, vive invece una sua dimensione onirica che gli permette di “vedere” e di rappresentare quasi ad occhi chiusi quel mondo che può esistere solo dentro di noi. Schopenhauer per sua natura invece concepisce “il mondo come volontà di rappresentazione“, mettendo in circolo quella visione artistica che risiede nella concezione estremamente personale e visionaria dell’esistenza. Il  noumeno per Schopenhauer, è  sogno personale e rappresentazione in sé.

Nel sogno e nell’arte c’è lo stesso minimo comun denominatore, la stessa creta che il sognatore-artista spalma attraverso la sua ‘proiezione astrale’ e personale, a volte in modo estremamente corretto senza né convenienza di parte, né tanto meno sviolinate scontate, così presenti e stridenti oggi nel mondo dell’arte contemporanea. (Jimmy Cerquetella)

Scritti da voi… Invecchia chi non gioca

L’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare.” George Bernard Shaw

Questa bellissima frase è stata ispiratrice del mio libro. Sono ormai molto diffusi i lavori di ricerca sul cervello che parlano della necessità di stimolare le connessioni neuronali per evitare l’invecchiamento. Molti scienziati ci parlano del bisogno di mantenere viva l’attività cerebrale cercando nuove possibilità, imparando a suonare uno strumento o a parlare altre lingue, insomma, mantenendo una vita attiva e ricca di esperienze. Altri lavori non meno importanti hanno evidenziato il comportamento dei neuroni nell’attività creativa. In questi casi, le cellule cerebrali sembrano aprire tutte le possibilità di connessioni a 360°.  Di fatto, si sa che una vita di routine in cui i nostri movimenti si ripetono meccanicamente ci fa pensare sempre nello stesso modo. Come se camminassimo sempre lo stesso sentiero e guardassimo sempre lo stesso paesaggio. Uscire una volta dal solito percorso e guardare in diverse direzioni, ci fa scoprire cose che non avevamo mai visto.

Che cosa c’entra questo con il gioco? Il gioco e la creatività vanno sempre mano nella mano. Mentre si gioca, si esperimentano moltissimi aspetti che riguardano il corpo, l’emozionalità e l’energia dell’individuo. Il corpo assume posture e realizza movimenti non convenzionali, svegliando archivi della memoria muscolare che smuovono emozioni e ricordi, mentre si aziona un meccanismo di equilibrio delle energie che fluiscono. Si stabiliscono rapporti personali che arricchiscono e facilitano l’auto-osservazione e soprattutto si stimola la produzione di endorfine che migliorano lo stato di umore. In situazioni ludiche divertenti i giocatori ridono stimolando e ossigenando organi interni e muscoli. Ci sono giochi che promuovono la competizione sviluppando atteggiamenti di sfida e superamento degli ostacoli, temperanza e volontà. Altri invece, mettono l’accento sulle relazioni interpersonali e sull’integrazione per favorire lo sviluppo di una emozionalità sana e di contenimento.

Tutti i giochi sono utili e tutti ci offrono possibilità di crescita personale. Nel mio lavoro, però, mi sono soffermata a valutare tutte le possibilità del gioco cooperativo, di quello in cui non ci sono vincitori ne vinti, in cui possa essere bandito il concetto di giudizio per permettere l’espressione della libertà totale.
Quest’ultima premessa sembra sia essenziale per sviluppare un momento creativo, cosa che può essere raggiunta attraverso un’attività ludica ben programmata. Ed ecco che ci incontriamo. Mentre l’individuo gioca è capace di stimolare le connessioni neuronali come nell’atto creativo. Di fatto, succede che un artista a lavoro si potrebbe dire che stia giocando. In alcune lingue i due concetti s’intrecciamo: suonare uno strumento musicale, in inglese si dice “to play” che vuol dire anche “giocare”. L’azione di giocare, per essere una pulsione vitale che nasce con l’essere umano per facilitare il suo adattamento all’ambiente fisico e sociale, per sopravvivere e svilupparsi, sembra essere la più indicata per mantenere una vita sana e creativa. Non stiamo parlando soltanto del gioco nell’infanzia, bensì della necessità di sperimentare situazioni ludiche anche nella vita adulta. Nella società attuale è stato imposto il concetto di dover lavorare per produrre, ma soprattutto, quello di dover soffrire per forza. Siamo stati abituati ad associare lavoro con sforzo, noia e sofferenza. Se una persona si diverte nel suo lavoro, viene considerato un “non lavoro”, un hobby. Forse sia arrivato il tempo di cambiare il paradigma. Forse sia il momento di recuperare la nostra capacità ludica per tornare a gioire e riacquistare la possibilità di sentirci autentici, liberi e consapevoli di noi stessi.
Vi invito a provare altri sentieri guardando in alto per scoprire un paesaggio nuovo ogni giorno…

Scritti da voi… Riabilitati “ad arte”

Fantasia e creatività a lavoro

di Sabrina Girotti

Mi sono diplomata nel 1987 presso l’istituto Santo Stefano di Porto Potenza Picena in terapista della riabilitazione.  Sono uscita con tante conoscenze tecniche riguardo l’anatomia, la fisiologia, il movimento, la sensibilità, il linguaggio ecc.ecc. ma con nessuna nozione riguardo l’improvvisazione. Da subito mi è mancato qualcosa, l’uomo è fatto  molto di più che di schemi ben definiti.
Così ho cominciato a cercare, a pensare, a fare qualcosa di diverso inserendo accanto a tutte le conoscenze acquisite, fantasia e creatività.

 

Creatività e riabilitazione: un incontro
All’inizio è avvenuto tutto in maniera esclusivamente intuitiva, caotica, poi man mano seguendo una traccia ben precisa. Il primo approccio è stato quello di non dare niente per scontato e cioè di non fidarmi assolutamente delle diagnosi definitive  ”la lesione è così vasta, quindi non si può fare niente”. Il ‘non si può fare niente’ non esiste nella mia pratica quotidiana. Mi riferisco alle persone affette da patologie neurologiche alle quali viene spesso data una sentenza definitiva, io le rifiuto, caratterialmente non fanno parte di me. Così ho iniziato a vedere la persona affetta da certe patologie sotto un punto di vista più completo. Generalmente quando mi trovo di fronte ad una persona che può avere disturbi legati alla sensibilità, al movimento all’attenzione, alla memoria, al linguaggio, alla spazialità, cerco di fare un analisi e poi lavorare sui contrari. Faccio esempi pratici: se una persona è affetta da una patologia che dà rigidità articolare e muscolare lavorerò sulla morbidezza, sulla elasticità. In che modo? Naturalmente in maniera creativa! In questo caso mi viene in aiuto la figura del cerchio, delle onde, del cullare, del dondolare e naturalmente l’uso di una musica appropriata.

Seduta “arteriabilitativa” tipo
Elencherò di seguito come si potrebbe svolgere una seduta individuale di questo tipo con una persona affetta da rigidità e costretta a trascorrere la maggior parte del suo tempo in carrozzina. Faccio disegnare un grosso cerchio alla persona poi la invito a seguire il tracciato prima con la testa, poi con le braccia, il tronco, gli arti inferiori e i piedi. Naturalmente io lo aiuto nei movimenti . In un secondo momento mi posiziono di fronte a lui ed eseguiamo insieme gli stessi movimenti.Passiamo poi a lavorare “sull’onda”, quindi la faccio disegnare e si procede alla stessa maniera che con il cerchio. Per simulare i movimenti dell’onda ho constato che è molto utile utilizzare una stoffa azzurra morbida che al ritmo di una musica con i rumori del mare calmo permette un vasto repertorio di movimenti. Per quanto riguarda il movimento del cullare “uso” musica tipo ninna nanne e a coppia si eseguono movimenti avanti-indietro, destra-sinistra di varie parti del corpo o globalmente. La seduta generalmente si conclude con un brano musicale in cui si cerca di legare tutti i movimenti fatti precedentemente e cioè cerchio, onda, cullare, ne risulta una danza. La persona all’inizio può trovare “la tecnica” un po’ insolita ma poi si diverte, si rilassa e sta meglio e credo che questo sia il risultato migliore al di là della patologia.