Dove le parole finiscono, inizia la musica. A Roma la ‘Musica della vita’

“La musica aiuta a non sentire dentro
il silenzio che c’è fuori’

(Johann Sebastian Bach)

“In ognuno di noi esiste un essere musicale che è possibile raggiungere…” Si può tradurre attraverso questa frase il senso delle due giornate di attività musicali e musicoterapia tenutesi sabato 8 e domenica 9 settembre 2012 al Piccolo Teatro Re di Roma. L’evento promosso dalla Rivista OnLine Musicoterapia-anziani.eu in collaborazione con l’associazione Artiesuoni è stato condotto da Roberto Bellavigna che ha approfondito il tema attraverso una serie di proposte laboratoriali e una selezione di video tratti dalla personale esperienza di musicista e musicoterapeuta nell’ambito delle strutture socio sanitarie e riabilitative per anziani, malati di Alzheimer, Parkinsoniani e nell’ambito dei Centri socio educativi con persone disabili. Quindici i partecipanti arrivati da tutta Italia (Bologna, Messina, Roma, Foggia, Orvieto, Udine) con esperienze professionali e formative diverse: musicisti, musicoterapeuti, psicologi, terapisti della riabilitazione, operatori socio sanitari, educatori, insegnanti.

“Impariamo a fare qualcosa, soltanto facendolo” un modo induttivo di fare lezione in cui attraverso la visione dei filmati, le esperienze creative, il dialogo sonoro, la presentazione di schede tecniche informative e operative e il confronto di opinioni, i corsisti sono stati introdotti all’interno del concetto di musica e di terapia attraverso la musica. Il percorso ha affrontato principalmente la relazione tra musica, operatore musicale e patologie di Alzheimer e Parkinson, filo conduttore è stato l’incontro, la chiave di violino su cui armonizzare il tutto “la persona”. Contenuti generali sono stati: l’animazione musicale; la musicoterapia in casa di riposo; l’ascolto e le qualità della musica; il repertorio, le proposte possibili; la musica e il movimento (danze, coreografie, socializzazione, riabilitazione); le canzoni in terapia, la canzone creativa (identità, ricordo, recupero cognitivo); l’accompagnamento al 
termine della vita; la storia della musicoterapia.

Diverse le letture e le interpretazioni arrivate dai partecipanti; chi osserva da un punto di vista più personale, chi si mette nei panni dell’’osservato’, del paziente, del malato, dell’anziano, della persona.  La musica abbraccia diverse forme, è risorsa non solo come continuazione o sintonizzazione ma anche come contrasto “pone il bianco e il nero delle situazioni, il piano e il forte, il silenzio e il suono, attraverso di lei possiamo comunicare cose di cui non si può parlare o non si vuol parlare”. L’accompagnamento alla morte è uno dei temi proposti nella mattina di domenica attraverso un video intenso e potente, dove un canto giornaliero accarezza gli ultimi giorni di una signora isolata dagli affetti familiari, distesa in un letto di una casa di riposo in attesa della morte “grazie, qui non viene più nessuno a trovarmi ” è la desolante richiesta di presenza, la triste realtà di abbandono in cui versano quegli anziani rimasti soli per le vicissitudini della propria storia e per una contemporaneità che ha frammentato la famiglia, spezzato quei legami di rispetto e appartenenza. “Sotto le cime di quegli alti monti la mamma mia riposa tra i fior” è il canto sussurrato alla signora, accompagnato più dal respiro del mantice della fisarmonica che dalle note dei tasti. Le canzoni popolari ricordano la vita agli anziani, non sono canzonette da tre note, sono canti che hanno il potere di evocare, mezzi intermediari con cui parlare di ‘certe cose’: la morte, un addio. Spesso il testo drammatico si accompagna ad una musica allegra, sono i due piani su cui appoggiarsi, senza cadere. L’incontro con la morte in una casa di riposo è doppiamente doloroso, un luogo che per quanto accogliente, non è casa, spesso gli anziani sono da soli ad affrontare una dipartita tra il silenzio delle mura e i rumori quotidiani di chi è indaffarato ad altro.

“E’ necessario esserci, andare verso la persona”  il tempo della musica è il tempo dell’uomo, la musica traduce il non detto “stenografia delle emozioni” muove e commuove anche attraverso una pausa e un silenzio. “ Io non sono andato solo per lavorare con Caterina, ma Caterina mi ha fatto imparare anche a suonare – dichiara Roberto Bellavigna – noi siamo accanto, dietro, avanti, a supporto della persona e delle figure che lavorano con la persona, ci siamo, è necessario in équipe essere collaborativi: animatori, operatori, terapisti della riabilitazione, familiari, direttori sanitari, musicoterapeuti. Tutti”.

Tante domande restano aperte, ad esempio quelle legate alla musica generazionale “quali saranno i suoni e i canti che i musicoterapeuti useranno nel futuro? I canti popolari restano, ma stanno scomparendo le persone che avevano con loro un legame profondo. La musica è un incontro, ma come conciliarla oggi con l’individualismo imperante? Come si interverrà sulle patologie del futuro?” Altri interventi hanno proposto una riflessione sulla difficoltà di chi lavora in una struttura spesso rigida, basata su un intervento orientato alla cura e all’igiene e sempre meno indirizzato alla persona e alla sua storia, in cui si compilano schede che rilevano quel che non si è più e non quello che resta.

Si lavora sulla divergenza di opinioni, sulla ricchezza della diversità, sull’attenzione all’interpretazione, che comunque è “sempre personale’ sulla bellezza dell’incontro con l’altro che non bisogna mai dare per scontato, perché è sempre un piccolo miracolo.  Un canto corale in questo particolare setting, in un cerchio che incrocia un gioco creativo di voci e vibrazioni, chiude il sipario del Piccolo Teatro. “La musica è accanto alla nostra vita anzi è dentro”. (s.lup)

Per approfondimenti: www.musicoterapia-anziani.eu

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