Esiste un’architettura dell’Alto Adige? E, se sì, in che cosa consiste? Al via Architetture recenti
ARCHITETTURE RECENTI IN ALTO ADIGE 2018–2024. Kunst Meran Merano Arte. 27 ottobre 2024 – 16 febbraio 2025. Opening: 26 ottobre 2024, ore 18
Dopo le prime tre edizioni (2006, 2012, 2018), con questa nuova rassegna, Kunst Meran Merano Arte propone un quarto inventario dei progetti che documentano l’orizzonte architettonico che si è sviluppato in Alto Adige, selezionati da una giuria internazionale composta dal curatore Filippo Bricolo, architetto (Bricolo Falsarella Architetti) e docente al Politecnico di Milano, affiancato da Elisa Valero Ramos, architetta e professoressa di architettura presso la Escuela Técnica Superior de Arquitectura, Università di Granada e Annette Spiro, architetta (Spiro + Gantenbein Architekten ETH/SIA AG), professoressa ordinaria di architettura e costruzione, ETH di Zurigo. Il progetto arriva così, nella sua interezza, a raccontare 24 anni di architettura altoatesina, dal 2000 ad oggi.
I tre membri della giuria hanno svolto una preselezione tra gli oltre 240 progetti pervenuti e, dopo una visita in loco a numerose strutture, ne hanno scelte 28 principali, di cui è proposta una restituzione dettagliata. A queste si affianca un secondo gruppo di altre 28.
Come affermato dal curatore Filippo Bricolo nel suo testo proposto in catalogo, il progetto ruota intorno a due domande fondamentali: esiste un’architettura dell’ Alto Adige? E, se sì, in che cosa consiste?
Intesa come un’indagine, e non come un premio, l’iniziativa nel suo complesso ha permesso di approfondire e analizzare l’architettura del territorio da una prospettiva esterna, con il susseguirsi di diverse giurie internazionali. Di volta in volta, sono emersi aspetti che hanno caratterizzato questo contesto, in relazione a vari fattori quali gli scambi con altri territori, la presenza di concorsi di progettazione e le esigenze della committenza.
Mentre in passato era stato privilegiato un taglio geografico, suddividendo i progetti scelti per vallate e suggerendo così che sussistano delle differenze e delle caratteristiche peculiari su piccola scala, la giuria di questa edizione ha deciso di proporre un approccio diverso.
L’uso oculato e accorto dei materiali di costruzione e delle risorse, l’attenzione per le provenienze e l’impatto ambientale o l’interesse sociale delle strutture sono stati i criteri che hanno guidato la selezione. A partire da una riflessione su questi aspetti, sono emerge progressivamente delle “famiglie” caratterizzate, oltre che dalle singole personalità progettuali o dalle diverse destinazioni d’uso, da similarità e approcci comuni.
Le “categorie” attraverso cui la mostra e il catalogo sono costruiti sono intese come possibili interpretazioni delle varie forme che connotano un linguaggio architettonico altoatesino, capaci di rappresentare uno strumento utile per indagarlo e raccontarlo.
Ecco allora che nella categoria “Riuso riflessivo” incontriamo una serie di progetti legati al tema del recupero architettonico, a partire da un confronto con strutture molto differenti, sia per epoca sia per funzione. Lukas Wielander e Martin Trebo sono intervenuti su un edificio medievale nel cuore di Glorenza, ricavando appartamenti e spazi commerciali. Il progetto è un esempio particolarmente riuscito di ristrutturazione, capace di adottare strumenti contemporanei, adeguare il complesso alle attuali esigenze abitative, ma anche di porsi in linea di continuità con la sua storia.
Markus Scherer agisce invece su un complesso conventuale e su una scuola di Merano, con progetti in cui l’innesto del nuovo sul preesistente trova una delle sue declinazioni più riuscite. Non mancano esempi di recupero di opere novecentesche, come nel caso del progetto di ModusArchitects. Chiamato a confrontarsi con l’Accademia Cusanus di Bressanone, capolavoro dell’architetto Othmar Barth (1927-2010), lo studio brissinese è riuscito a coniugare uno stile attuale con i principi che lo avevano ispirato.
La città di Bressanone torna come caso di indagine per il rapporto tra architettura e contesto storico nella sezione “Evocazioni urbane”. Progetti come la Biblioteca Civica di Carlana Mezzalira Pentimalli dimostrano come sia possibile dialogare con la città antica senza rinunciare ad aspetti sperimentaliponendosi come esempi paradigmatici per interventi che interessano i centri storici.
Al dialogo con la città, si affianca quello con la natura, aspetto che non poteva mancare in un territorio come quello altoatesino. “Architettura naturans” mostra una serie di esempi che sembrano scaturire da un rapporto diretto con essa, come nel caso della Nuova cantina Pacherhof a Novacella, dello studio bergmeisterwolf, che sembra trasfigurare la montagna in architettura. Quest’opera, che ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali, rappresenta uno dei più importanti esempi nel campo dell’architettura vinicola.
“Topografia partecipata” raccoglie invece architetture per cui un aspetto determinante è costituito dal rapporto con il suolo e il suo andamento, spesso impervio. Ad esempio, il Centro Protezione Civile Renon di Roland Baldi Architects – che ospita una nuova sede per Vigili del Fuoco, Soccorso Alpino e Croce Bianca – nella sua forma semplice e scultorea, sembra integrarsi nel declivio naturale. Inoltre, la facciata in cemento, ispirata alle cosiddette “Piramidi di terra” (delle formazioni geologiche presenti in questa zona), accentua l’effetto per cui l’edificio sembra emergere dal suolo e farne parte.
“Vernacoli plausibili “si interroga sul rapporto con le forme della tradizione attraverso una serie di progetti in cui questa relazione non viene né spettacolarizzata né banalizzata. È il caso di Zierhof con stube in Val di Fleres di NAEMAS Architekturkonzepte, progettate a seguito della distruzione di un maso da un devastante incendio. Adottando un linguaggio architettonico che richiama il precedente edificio e, al contempo, un approccio contemporaneo, il progetto indaga la potenzialità curatrice della memoria. Anche nei progetti di Pedevilla Architects (L’edificio di servizio a Passo di Monte Croce realizzato assieme a Willeit Architektur e ciAsa Aqua Bad Cortina a San Vigilio di Marebbe) si riescono a fondere tradizione e innovazione, con una particolare attenzione per la sostenibilità e la valorizzazione della comunità artigiana.
In “Scavo generativo” incontriamo lavori che operano per sottrazione, come la Musealizzazione delle mura di cinta di Merano di Höller e Klotzner Architetti. Adottando dei semplici profili in acciaio che rievocano le dimensioni originali delle mura, emersi durante i lavori di scavo intorno al Castello Principesco, il progetto riesce a riportare alla luce la presenza di ciò che non c’è più e a salvarne il ricordo.
Anche l’architettura di interni è presa in esame con la sezione “Interni poetici”, in cui vengono proposti esempi di progetti capaci di andare al di là di uno stile internazionale o di recuperi di stili locali in senso turistico, muovendosi su vie meno esplorate. L’Art Library di Martin Feiersinger a Castello Gandegg, nei pressi di Appiano, gioca su un audace contrasto, in cui installazioni e arredi colorati instaurano un dialogo giocoso con il fabbricato preesistente.
L’ultima sezione, “Arte e architettura” riguarda una relazione che ricopre un ruolo di centrale importanza per le istituzioni promotrici dell’iniziativa. Qui incontriamo progetti come la Halle 3 di Julian Tratter e Markus Hinteregger. L’ampliamento della sede dell’azienda barth Innenausbau di Bressanone ha previsto, oltre alla creazione di nuove aree comuni per i dipendenti, la progettazione di una galleria d’arte contemporanea e il coinvolgimento di diversi artisti. In maniera diversa l’arte entra anche nel progetto di Walter Angonese con gli architetti Flaim Prünster per la Cantina San Michele Appiano. Il soffitto dell’area di conferimento uve è stato realizzato, infatti, dall’artista Manfred Alois Mayr attraverso l’installazione di oltre 600 grandi tini capovolti di colore violaceo, che sembrano sospesi nello spazio.
Gli stessi criteri che hanno posto le basi per la selezione e la suddivisione dei progetti ritornano, differentemente declinati, in catalogo e in mostra. Nel primo caso la scelta è stata quella di alternare le “categorie” a testi critici, come in una sorta di ipertesto, di libro dentro il libro. Lo spazio espositivo è invece organizzato attraverso delle strutture modulari in legno e pannelli in cartone alveolare, disposte in diverse combinazioni, lasciando vuote le pareti e portando – simbolicamente e criticamente – la domanda iniziale sull’architettura al centro dello spazio.