di Roberta Fonsato
Impossibile non rimanere contagiati dal sorriso e dall’entusiasmo dinamico di Marco Capellacci, giovane illustratore e regista urbinate, impossibile non cogliere la sua sensibilità atipica, sicuramente tipica però di chi ha dovuto e deve convivere con una disabilità. Audioleso dall’età di cinque anni, per la somministrazione di una farmaco sbagliato, Marco, grazie ad una metodologia sperimentale di Massimo del Bo, al sostegno della sua famiglia e soprattutto alla sua forza è riuscito a compensare molto bene la sua profonda sordità bilaterale, a cui si rivolge anche con “ironia”. Marco è protagonista di svariate mostre collettive e personali e si è distino in pubblicazioni e proiezioni in molteplici rassegne.
Il suo straordinario film d’autore “Le Fobie del guard rail” è stato proiettato nell’ambito di festival di cinema di tutto il mondo, come in Francia, Australia, Croazia, Estonia, Malaysia, Turchia, Slovenia, Bulgaria, Austria, Germani, Inghilterra, Stati Uniti, Italia (tra cui il Museo del Cinema di Torino). I frames sono stati pubblicizzati su D-La Repubblica, Rolling Stone magazine, Tutto Digitale, L’Espresso, Domus e Repubblica XI, British Animation Award. È stato premiato come miglior film italiano nell’ambito del IX Festival Internazionale di Cortometraggi, Documentari, Sceneggiature “Lago Film Fest” 2012. L’universo artistico di Marco e la sua poetica si distinguono per la sottile introspezione e la capacità di trattare temi “disabili” con una abilità non comune. [youtube width=”600″ height=”338″]https://www.youtube.com/watch?v=MvnAVnlZwL4[/youtube]
Guardando i tuoi corti mi arriva un’immagine della corporeità molto incisiva, quanto nella tua poetica incide la visione del corpo, come lo vedi questo corpo?
“Pieno di sfumature da raccontare. Ho raccontato la mia sordità, senza veli e censura popolare, intrecciandola ad altre storie vere: un semplice movimento della protesi acustica, per poi registrare il fischio reale della protesi stessa in fase post produzione e ho voluto usare una persona reale, poi morta di anoressia ( la donna con il guanto che osserva il guardrail ). Ci sono persone che non vanno ai centri commerciali, all’ufficio postale, al comune, che sono sole, come i clochard che ho trovato nel mio viaggio a Cannes, di cui ho raccolto alcune testimonianze, che faranno parte, del prossimo corto. La riflessione, non permette di narrare storie stupende. Perché averne paura? Affido alla creatività figurativa una funzione di studio e di conoscenza. Concentro la mia attenzione sulla espressività corporea con estrema libertà artistica, per giungere al fine reale di immediata comunicazione: raccontare le storie di persone indifese che necessitano di una voce.”
Cosa pensi dell’arte e la diversa abilità? “L’arte non deve essere sorda all’arte. Nello sport, i diversamente abili sono valorizzati , mentre in quello dell’arte c’è molto silenzio. Essere diversamente abili è uno svantaggio, perché esistono pregiudizi ancora nel 2015. Diresti di chiamare al telefono a una persona che non sente? Oppure di camminare a un paraplegico ? O di vedere a un cieco? Certo che no. Chi è diversamente abile, se sceglie una strada di studio, è consapevole dei grandi sacrifici che deve affrontare. Ciò significa che è costretto a tirare fuori strumenti narrativi o performativi non tradizionali, privi di ogni processo di decontaminazione. E’ obbligato a trovare semi esotici rari per far fiorire bellissime piante.”
Se dovessi fermare con un un frame l’idea dell’arte, che immagine avrebbe?
“L’immagine della cravatta del film ” Le fobie del guard rail “, dove il ragazzo mangia la cravatta. L’idea dell’arte che traspare da questo frame, quasi a dire che l’arte è un affascinante e intricato linguaggio, sfuggito all’omologazione tradizionale dell’arte stessa, rappresenta uno spazio, in cui riaffermare il proprio amore verso la vita.”