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NATURAL RECALL. L’intimo rapporto tra uomo arte e natura….

Maxime Morin - Le refuge - Grenoble Francia

Maxime Morin – Le refuge – Grenoble Francia

“Vi capita mai di pensare alla natura con profondo senso di gratitudine, commozione, affetto? Davanti a una pianta, ricordi e pensieri possono generare improvvisamente emozioni ed empatia. Ed è curioso pensare che l’effetto possa essere reciproco e che anche gli uomini possano essere destinatari di attenzioni e sentimenti da parte della natura, dando vita a una relazione nuova e consapevole”.  Le trame infinite di questa relazione sono al centro di Natural RecallLe affinità elettive con la natura. Il progetto internazionale di comunicazione si inaugura sabato 22 novembre alle ore 18 a Venezia, con una mostra allestita tra gli spazi liberty della Serra dei Giardini, a pochi passi dai Giardini della Biennale. Protagonisti sono graphic designer, artisti e poeti visivi provenienti da tutto il mondo, invitati attraverso la partecipazione ad un contest, a raccontare il loro personale e intimo rapporto con le piante attraverso il linguaggio artistico e la creatività.

Ideato dallo studio di comunicazione co.me con sede a Treviso e da Gtower, studio di progettazione visiva di Milano, Natural Recall vuole indagare gli ingranaggi che muovono i rapporti tra l’universo umano e quello vegetale. Nella convinzione che i due mondi siano da sempre destinati a incrociarsi ed evolversi, guidati da una sorta di “affinità elettiva” che nasce spontaneamente, senza un apparente motivo, grazie ad un affetto o in circostanze eccezionali.

 

JUAN HERNAZ - MAN WHO PLANTED TREES - Gijon (Spain)

Juan Hernaz – Man who planted trees  –  Gijon (Spain)

Provenienti dall’Argentina all’Australia, dalla Cina all’Honduras al Sud Africa, saranno 42 le opere in mostra fino al 28 dicembre. Selezionati tra un centinaio di proposte pervenute, i lavori spaziano dalla grafica all’infografica, dall’illustrazione alla fotografia. Sono immagini minimali, composizioni sognatrici ed evocative fino ad arrivare a opere grafiche astratte che sfociano in arte pura, ad esprimere quel rapporto così forte che molto spesso è indescrivibile a parole.

Gli autori si sono impegnati a organizzare graficamente ricerche e pensieri per raccontare le tradizioni culturali del proprio Paese. Ecco la credenza giapponese degli spiriti buoni che vivono negli alberi oppure le teorie cinesi sulle terapie a base di erbe. Da altre opere emerge invece la capacità eterna della natura di vivere nonostante le nostre insane abitudini, soprattutto nelle metropoli dove la natura è solo quella che cresce nelle fessure delle strade, dove le piante mostrano però la loro forza e tenacia. Accanto a veri e propri esperimenti visivi dedicati a memorie e vissuti personali, non mancano scenari in cui l’uomo vive in armonia con le sue piante, complici nell’offrire ispirazione per nuovi cambiamenti: spesso le migliori idee nascono in giardino.

 

Maria Grønlund - Cosmos - Danimarca

Maria Grønlund – Cosmos – Danimarca

Le opere esposte saranno raccolte in una pubblicazione assieme a racconti, riflessioni e contributi inediti da parte di architetti del paesaggio, scrittori, musicisti, antropologi, designer e accompagneranno il 2015 grazie a un prezioso calendario.

Realizzato con il sostegno della Municipalità di Venezia, Murano, Burano e con il supporto dei partner tecnici Favini, DiTre Group, La Grafica Faggian, il Gruppo Fallani, Qwerty Studio e Smack Comunicazione, il progetto no profit è promosso da un gruppo di lavoro unito dall’obiettivo di sviluppare progetti di comunicazione dedicati ai temi sociali e alla cultura contemporanea.

Natural Recall parte da Venezia per poi espandersi e contagiare chiunque voglia far parte di una community e di una nuova sensibilità verso l’ambiente.

Francesco Messina - Micro e macro-Italy

Francesco Messina – Micro e macro Italy

Dopo l’avvio ufficiale lo scorso maggio a SuperOrtopiù di Milano, il grande orto urbano pensile progettato sul segno dell’artista Michelangelo Pistoletto, che nell’occasione ha partecipato al “battesimo” di Natural Recall, il percorso di lavoro continuerà nell’arco del 2015. La mostra proposta in anteprima alla Serra dei Giardini sarà itinerante e toccherà circuiti nazionali e internazionali.

Il progetto è anche un invito collettivo, un messaggio da diffondere, seminare e coltivare.

il sito  raccoglie quotidianamente i contributi e le storie di molte persone appassionate e di chiunque si senta un vero e proprio “Natural Recaller”. Uno spazio aperto dove ognuno può partecipare, perché ogni singola pianta è un organismo vivente speciale, veicolo di storie personalissime da condividere.

Inaugurazione della mostra sabato 22 novembre ore 18.00
Dal 22 novembre al 28 dicembre 2014
Serra dei Giardini – Viale Giuseppe Garibaldi 1254 – Venezia, Castello

Orari: da martedì a domenica 10.00 – 20.00 (chiuso lunedì) – Ingresso gratuito

 

LE PIETRE ‘INCANTATE’ DI SAN SPERATE…

Pinuccio Sciola e il suo giardino di pietre sonore

pietre_suonanteC’è un luogo incantato in Sardegna (uno dei tanti!).. un giardino di pietre sonore, uno spazio artistico senza tempo, che mette d’accordo tutti i sensi, li unisce, amplifica, li contempla. Una città di suoni, edificata con pietre, in un angolo della campagna sarda di San Sperate, paese-museo in provincia di Cagliari dove l’arte ha cittadinanza onoraria. Dal 1968 infatti San Sperate ha catturato l´interesse di artisti locali, nazionali e internazionali. Tra questi, forse il più illustre, Pinuccio Sciola pittore e scultore locale. E’ grazie alla sua intuizione che il paese negli anni ha subito una rivoluzione estetica, il progetto che Sciola ipotizzava e ha concretizzato era quello di modificare “l’aspetto dei muri anonimi delle case” per farli diventare veri e propri “protagonisti”. Popolazione e amministrazione, in collaborazione con artisti provenienti da tutte le parti del mondo, hanno abbracciato l’idea e contribuito attivamente alla realizzazione dell’attuale patrimonio artistico. Gli autori hanno lasciato che le loro opere rimanessero esposte tra le mura delle case o nelle vie colorate del paese: murales, sculture, fotografie, attirano lo sguardo curioso di innumerevoli visitatori…

Tra queste opere: le pietre di Sciola, strumenti musicali fatti ad arte…

Sciola e le sue pietre sonoreBasalti creativamente lavorati, monumenti scolpiti  con raffinata tecnica, incisioni parallele, tagli sulla roccia, sculture capaci di produrre suoni e creare atmosfere particolari. Un incontro con la materia, una carezza che genera note, un museo all’aperto a disposizione del pubblico. Le opere di Sciola si possono toccare, nel suo ‘incantato’ giardino  si è invitati a partecipare, a muovere le mani, per farle entrare in contatto con le pietre. Sono suoni diversi quelli che si riesce a riprodirre, a seconda della qualità e della lavorazione della pietra. Sogno.. poesia.. note che sembrano ora elementi naturali (vento, fuoco acqua…), ora suoni che ricordano il vetro o il metallo, a volte sembrano addirittura voci, in altre, veri e propri strumenti musicali: arpe, xilofoni, didgeridoo, dischi armonici. Le sculture hanno forme varie, ci si possono intravedere pettini e vele, monumenti funebri, poltrone, soli, spartiti musicali, bocche, simboli sessuali, in una infinità di ritmi, timbri e colori. Un luogo silente che si armonizza al tocco del nostro passaggio. Un modo di assaporare l’arte, uno spazio culturale, in cui con rispetto e creatività, si può persino giocare. Le pietre sonore di Pinuccio Sciola  sono esposte a San Sperate ma anche a Venezia, Assisi, Roma e nelle mostre itineranti di tutto il mondo. (s.lup)

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=lFgswskoAiU[/youtube]

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=-hKdPnZjgpQ[/youtube]

“Questa era Hasankeyf”: l’arte per il sociale

This was Hasankeyf” è un progetto di documentario, sullo storico villaggio di Hasankeyf, realizzato dal regista Tommaso Vitali e dai suoi collaboratori Francesco Marilungo e Carlotta Grisi. È un progetto totalmente indipendente attualmente in fase di post-produzione e finanziato dal sostegno dal basso di chiunque creda in esso, attraverso una donazione, grande o piccola, effettuata attraverso la pagina Indiegogo.

Gli autori spiegano ad ARTeSOCIALE motivazioni e finalità del progetto.

C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le accumula ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo di rovine sale davanti a lui nel cielo. Ciò che chiamiamo progresso, è questa tempesta.”*

Così Walter Benjamin fissò, in un’immagine dalla forza straordinaria, la complessa relazione che intercorre fra arte e progresso, quella tempesta che ci trascina verso il futuro e non ci dà il tempo di ricomporre e capire i frammenti del passato, le memorie individuali e collettive, di ricollocarle in una catena di eventi capace di generare ancora significato

Qualcuno dirà che l’ho presa un po’ alla larga, e forse è così, ma questa citazione da Benjamin riassume benissimo le riflessioni che ci siamo trovati ad affrontare lavorando per un anno ad e per Hasankeyf. Cos’è Hasankeyf? Al giorno d’oggi è un villaggio di tremila anime situato sulle sponde del Tigri nel sud-est della Turchia. È abitato principalmente da arabi e curdi che vivono di piccolo artigianato, turismo, pastorizia e agricoltura. Ma Hasankeyf è anche un meraviglioso “cumulo di rovine”, un frammento della Storia che se ascoltato ha ancora molto da raccontare al presente. Racconta d’essere stato uno dei primi insediamenti umani di quella culla di civiltà che fu la Mesopotamia, racconta che fu poi capitale di regni e dinastie diverse, crocevia commerciale lungo la via della seta e lungo il Tigri, patria di scienziati che ispirarono addirittura Leonardo (El Cezerî). Ma, come dice Benjamin, la tempesta del progresso trascina “irresistibilmente” e la nostra civiltà non ha il tempo di ricomporre il racconto di Hasankeyf. La nostra civiltà ha bisogno di energia elettrica e quindi costruisce un’enorme diga lungo il corso del fiume che per millenni fu linfa vitale di un ecosistema magnifico. Una diga, un lago artificiale e acqua stagnante che pian piano cresce di livello fino a seppellire entro il 2014, sotto metri cubi d’acqua e d’oblio, la favola che Hasankeyf narra al suo visitatore.

Ecco perché il titolo del nostro lavoro è “This was Hasankeyf” (Questa era Hasankeyf): in quel verbo al passato c’è l’amarezza per qualcosa che ancora è, presente e viva, e che invece si vuole distruggere e cancellare. Hasankeyf è viva nelle sue rocce, nelle sue caverne riscaldate per millenni da focolari ed affetti domestici, viva nei giochi dei suoi bambini che catturano pesci nel fiume, viva nel sorriso accogliente dei suoi abitanti che offrono il tè al visitatore, viva negli artigiani che tessono lana di capra per farne tappeti, viva nei nostri cuori, ora che la abbiamo abitata e conosciuta, ascoltata e filmata. Molti sono corsi a fotografarla e filmarla, cercando di rubarne il segreto nella fretta di uno scatto fotografico o di qualche giorno di riprese. Noi abbiamo scelto di frequentarla quasi per un anno intero, dopo averla conosciuta ed elaborata ognuno alla sua maniera, secondo le linee che il proprio diverso background suggeriva. Abbiamo voluto prenderci la dovuta calma, abbiamo scelto di adeguarci ai suoi ritmi, alle sue buie serate invernali, alle piene e alle secche del Tigri, al caldo torrido del suo giugno e alle ronde quotidiane della cicogna che da più di dieci anni vive sul cucuzzolo del minareto. Abbiamo stretto amicizie, condiviso pasti, trascorso intere giornate al seguito di greggi al pascolo nelle sinuose e affascinanti gole che circondano il villaggio. Solo quando il momento lo richiedeva abbiamo acceso la telecamera e filmato, solo davanti a un bel thè caldo abbiamo fatto domande: sul futuro, su come ognuno cercherà di ridisegnarsi una vita quando la propria casa sarà sommersa e Hasankeyf scomparsa; domande sulla “Nuova Hasankeyf” in cemento armato che la Presidenza del Consiglio sta costruendo dalla parte opposta della valle; domande sui sentimenti che genera la folle stasi quotidiana nella quale gli abitanti sono costretti, ma domande anche e soprattutto sul passato, su “com’era” fino a qualche anno fa, quando tutti vivevano ancora nelle grotte e arrivavano fino a Baghdad su zattere di legno per commerciare tessuti. Per tornare alla citazione di Benjamin, abbiamo voluto provare a “trattenerci, destare i morti e ricomporre l’infranto”.

Le risposte degli abitanti di Hasankeyf le troverete nel documentario, quando sarà finito, assieme ai suoi panorami e alla sua luce speciale. Ora ci aspetta una fase difficile per un gruppo indipendente di tre persone senza nessuna istituzione o organizzazione alle spalle. Ovvero la fase del finanziamento della produzione del documentario. Per fare questo abbiamo avviato una campagna di raccolta fondi dal basso sul sito Indiegogo. Sulla nostra pagina potrete trovare i video che presentano il progetto, molto altro da leggere su Hasankeyf e, se vorrete, sostenerci con il vostro aiuto. Questa maniera allargata di finanziare progetti sta prendendo piede sempre più, in America, in Europa, ma anche in Italia con siti come “Produzioni dal basso” e “Kapipal”. È una sorta di vecchia colletta diffusa attraverso il mondo dei socialnetwork e del web. A noi è sembrata la maniera migliore di continuare a mantenerci indipendenti da qualsiasi capriccio commerciale e, allo stesso tempo, di coinvolgere quanta più gente possibile nel nostro progetto. Praticamente chiunque, attraverso una donazione anche piccolissima, può considerarsi ‘produttore’ di “This was Hasankeyf” e questo ci riempie di orgoglio. Siamo convinti che l’arte possa fare tanto per aiutare Hasankeyf ad essere conosciuta e, magari chissà, salvata dalla tempesta del progresso e del futuro che vuole portarcela via! (Francesco Marilungo)

[vimeo]http://vimeo.com/49522130#[/vimeo]

Approfondimenti:
– http://www.indiegogo.com/thiswashasankeyf?a=1274448
– http://thiswashasankeyf.com/
– http://www.facebook.com/groups/181343318660658/

  *La citaione di Walter Benjamin è tratta da Tesi di Filosofia della Storia (1940).

La poesia e la natura cantano insieme

Rupay Wayra Kawaj

Poesie di Rupay Wayra Kawaj

Poeta, cantore, musicista argentino (Tilcara, Jujuy) “canzoni semplici, sentendo la brezza fresca della natura, nel cammino del suo bosco sorgono queste melodie che fondono diversi stili della musica latinoamericana”

Contatto:  hermanitowayra@yahoo.com.ar – http://www.myspace.com/hermanitowayra

 Traduzione di Roberta Fonsato

 

Il camminante

Dalla quiete uscì

Dall’intensa osservazione

Alla freschezza dei cammini

Una mattina

La conchiglia

Portava con sè una mappa

Scritta nelle pareti

Della sua casa

Alcune trecce appena fatte

Una poesia in una lettera

Per Lei

Quella che ancora non incontrò

Fischiando canzoni

entro

nell’isola del sole

laddove il tempo mai passò

l’eternità

là la conchiglia si posò.

 

L’orchestra

Il pentagramma

Ci chiama

Ci parla qualcuno

Che lasciò il suo segno, la sua anima

Un’ epoca,

Una parola,

Una política,

Una pittura e  un pugnale

Un universo

Si sveste davanti a ogni prova

Un dubbio

Martella il suo suono

Nei versi di un direttore

e il suo equipaggio

Di insubordinati poeti

Clandestini, fuggitivi, carcerati

Arriva il giorno

Nel quale sarà un fiore

E dopo un silenzio

Lo porterà ai cuori

E chissà all’abbandono

Chissà ai battiti di quello

Che ricevette la freccia

E segua il cammino

Verso un altra barca

Verso il cammino

Che portano le melodie

Che concentrano

Il palpitare di ciò che è più semplice.

 

All’alba

Credo nel camminare

Cercando il sole

All’alba

Arrivo in un luogo

Vedo che ci sono

Parole addormentate

Nella solitudine

Una voce

Un luogo

La calma,

La calma ti arriverà

Una volta, un luogo

Che maniera di chiedere

Cerca il profumo

Della mattina

Cerca l’alba

Della tua voce

Cerca domande che ti portino

A qualcosa

Cerca il tempo che cura il dolore

 

Equilibrio

Che limite cammina di quà

Per i marciapiedi quieti del tramonto

Che non abbia sapore di pioggia in aprile

Che fiume sfocia nel tuo vivere

Senza che porti la melodía di un albero

di un oasi, di un volo di colibrí.

Legno che taglia il vento

canoa che attraversa il mare

di argilla, la sua figura, la sua radice

di uccello che scappa senza fermarsi

Conclusioni diverse

Uno stesso sogno tra le nubi

Si sveglia un giorno di pioggia

Cade come gli anni alla terra

 

Sonetto del tuo sguardo

Girando la scala oraria

E dietro l’aroma

Dei treni addormentati

Ho visto il giardino del tuo domani

Quando le parole nude non bastano

E i limiti non figurano nelle mappe

La tua rosa melodía è fuoco all’orizzonte

Ballano gli sguardi

L’aroma è un altro

Sono i passi senza le catene

Sono il respirare di una selva

Quando il tuo sorriso si unisce al mio

E con il canto siamo molti

Non ci sono limiti nei nostri giorni

 

Segreti di un cammino

Cammino segreto insisto a seguire

con gli occhi di notte che parlano

con le mani degli alberi testimoni

attraverso il passo cambiante

azzittendo, sospirando un’ elegía.

Ti assicuro giocheremo a cambiarci

Proverai a vedermi differente

Proverò a farmi vento tra la gente

Così ancora romperemo lo specchio

E abiteremo un rubino e continueremo

Albeggiando gli anni, i secoli nella calma,

Ascoltanto le stelle nascenti del mondo

Spegnere con il tuo silenzio lacrimante

Vulcani di cromatici sentimenti

Dalla cenere dei paesi

Fino alle grida nuove della terra

Nei giardini, nelle caverne

Cercando in ogni scena il tuo incontro

Aspettando la sola domanda

La tua anziana risposta da tempo

Cammino di qualunque direzione

Vai confessando il pensiero

Portando all’ombra

Ascoltando con pazienza di nubi

Teorie, solitudini, coerenze, suggestioni

riflessioni nei rilievi di infinite regioni

di dubitativi concerti umani

 

Strada

La strada lo sa

Nel suo perimetro abbondano

I viaggi

Quei voli dell’anima

La follia degli amanti

Un murales con labbra

Che dice ti aspetto, ti dimentico, non penso

Quest’ andare

Per il tempo e i suoi luoghi

Una scuola senza orari

Nè riposo

Madame la strada

Ti porta se non sai dove vai

È un bus di insoliti

Riposi, traiettorie abbracci

Durezza e  tramonto.

Cadauno

Prende un biglietto e arriva

A volte alla sua detinazione

Altre volte non lo sa

Dove è stato

E ritorna di nuovo

Al principio

Anche se la strada

Sempre cambia

Di nome, di luogo e direzione

I suoi murales

conservano

la sua storia

scritta

nella luna piena

 

Splendore verde

Geométrici lampi

Giocano al tatetí,

Nelle linee

Che conformano

Il giornale di bordo

Di questa canoa,

Don Chisciotte da lontano

Sale su una moto,

Cerco di chiedergli come ha fatto

E mentre corro e corro

Divento pianta

Albero di un oasi

 

Personaggio

Qualsiasi entusiasmo

Si sveglia in tempo

Al poeta

Nascosto

Al passo del tempo

Si sommano scudi

E l’idea dell’impossibile

Ogni volta più vicina

Un giorno mi dissi

Salta i recinti

Scappa dalle norme

Traccia un piano

Una strategia

Mi vestí quindi

Da marionetta

Da bambino, da uccello

Da incantatore, da soldato

Il personaggio mágico

Di essere tante vite

In una sola parola

un solo atteggiamento

sviluppando colori

e soprattutto

Brillando,

Brillando il mio passo

Per questi territori

Ogni volta più

Estranei

Personaggio senza abito

Senza età nè bagaglio

Andando per questo viaggio

così entusiasmato

Per il gioco

Di sorridere con

Ogni passo