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L’arte del “prendersi cura”. Angelo e ‘la cipolla in gamba’

Incontri umani sulle corsie degli ospedali

Quando il lavoro è fatto ad ‘arte’…

imageProsegue la raccolta dei racconti, che vogliono segnalare quelle situazioni in cui l’incontro tra il paziente e il suo medico curante, l’infermiera e nello specifico in questo caso la terapista della riabilitazione, è basato anche e soprattutto sulla relazione tra le persone. L’arte del prendersi cura non è un motto ma è necessariamente la base di ogni buona riuscita riabilitativa. Per motivi di privacy i nomi delle persone sono inventati. Tutto il resto è realtà. Buoni incontri.

Dal racconto di Sabrina Girotti, terapista della riabilitazione

Ringrazio veramente quotidianamente l’universo per avermi dato l’opportunità di fare questo lavoro meraviglioso che mi insegna veramente tanto. Posso continuare a frequentare corsi sulla comunicazione ma chi mai potrà insegnarmi cosa provo quando guardo nel corridoio Luigi seduto in carrozzina affetto tra le altre cose da una grave sordità che guarda convinto Angelo sempre in carrozzina per un’amputazione alla gamba affetto anche da un’afasia che non gli permette di formulare parole e frasi compiute, ma le lettere si accavallano e si sostituiscono ma racconta lo stesso la sua vita appunto a Luigi. Dicono di essere dei grandi amici e si sono incontrati da pochi giorni nella corsia dell’ospedale.

Angelo….e si devo dirlo anche se sicuramente non è molto professionale ma verso alcuni pazienti scatta una simpatia immediata, un voler bene istantaneo. Ed è appunto il caso di Angelo, un uomo con un faccione rubicondo, dializzato, quindi costretto ad essere attaccato ad una macchina per tutta la notte, con un’amputazione dell’arto sinistro per il diabete e tanto per completare un ictus all’emisfero sinistro che le ha compromesso il linguaggio. E’ molto emotivo ed affettuoso direi quasi esuberante e si fa molto fatica a capire ciò che vuole dire. Afferma una cosa e un secondo dopo la cosa contraria con la stessa convinzione.

Per poter dire una parola esattamente ha bisogno di sillabare e così succede che per tutta la mattinata ripete:”SA-BRi-NA” oppure “VA-LE-RIA”(la mia dolce collega). Inutile tentare di farlo smettere quando parte parte…Le sue espressioni mi fanno morir da ridire e per questo mi scuso con lui, ma non posso farne a meno per fortuna sembra che lui non se la prenda. Si è innamorato a prima vista di una signora ricoverata e ripete spesso che è una bravissima donna, una lavoratrice, una donna di altri tempi, quando la vede non riesce a contenersi, è felicissimo. Afferma che lui ne ha avute tante di donne e quindi se ne intende…A pensare che la signora in questione non ha veramente niente di speciale, anzi direi anonima, ma all’amore non si comanda! La cosa piacevole è che lei è contenta di questo interesse nei suoi riguardi.

Il giorno che arriva il tecnico con la protesi provvisoria, la guarda e la riguarda continuando a mormorare ”non pensavo, non credevo” con un’espressione veramente meravigliata. Descrivere poi quando con il deambulatore ha fatto “i primi passi” è veramente difficile, sono quegli sguardi che non si dimenticano, la stessa gioia di una bambino quando fa una nuova scoperta. E sì sembra proprio un bambino anche quando non vuol fare qualcosa ad esempio come quando si è rifiutato di mettere la calza per i problemi di circolazione. Si è arrabbiato tantissimo, non si capiva quel che diceva ma non c’è stato verso di convincerlo. Giorni dopo si è convinto. Spesso vengono fuori in lui atteggiamenti infantili, se lo rimprovero abbassa lo sguardo e mi dice:”Zitta fa la bona”.

Le sue espressioni poi sono proprio esilaranti, mandandomi un bacio con la mano dice:”un bucio”; “la cipolla è in gamba”(mah.); ”la palla è sfiasa”(sgonfia); “Sono stato a Montecaio”(Montecarlo);”Siamo metti male”(Siamo messi male);”Io sono un boscataglio”(un buongustaio),”E’ la figlia della madre perché il padre è morto.”;”Purtroppo speriamo che va bene”

Spesso è difficile capire quello che vuole dire ma con un po’ di impegno ci si riesce,a volte mi viene però una pesantezza di testa che poco dopo svanisce. Quando lo vedo in corridoio immerso in una conversazione con Carlo che è sordo e lo guarda interessato penso che veramente ognuno di noi è un’universo a sé.

A proposito delle cose che non succedono a caso nello stesso periodo è ricoverato un altro signore più giovane al quale invece è stato amputata la gamba destra. Allora si confrontano i monconi, e si incoraggiano a vicenda,nasce una solidarietà tra loro. Tutti i giorni si confrontano,si fanno i complimenti si scambiano sensazioni. E poi come sempre arriva il momento delle dimissioni e sia ha come l’impressione che un pezzetto della tua giornata manchi!

Leggi gli altri incontri: Pietro e Vittoria

UNO SPAZIO PER ESSERCI. Il racconto di un’esperienza di arteterapia

Atelier di Arte Terapia psicodinamica  “Uno spazio per esserci”

Pubblichiamo con  piacere la sintesi della Mostra collettiva che si è tenuta domenica 15 dicembre 2013, presso il Circolo 1° Aprile, Via Nicola D’Apulia 12 a Milano e nata nell’Atelier di Arte Terapia “Uno spazio per esserci”, laboratorio condotto da Simona Maria Camisani (arte terapeuta ad orientamento psicodinamico) e la dott.ssa Lucia Maria Salvan (arte terapeuta ad orientamento psicodinamico, psicologa. psicoterapeuta) all’interno del Progetto PORTO del Quartiere San Siro finanziato dalla Fondazione Cariplo. 

I lavori sono stati realizzati da un gruppo di utenti (Antonio, Bruna, Dehab, Donato, Elio, Elisa, Maurizio, Giuseppe e Paolo) del CPS di Via Betti – Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli di Milano. 

Il resoconto di Simona e Lucia
…in viaggio con l’Arte Terapia alla ricerca dell’identità per conoscere sé stessi e gli altri, socializzare, integrarsi e favorire il benessere psicofisico
utilizzando i materiali artistici e un approccio ludico…

“Ma che cosa crea, chi poeta non è?
Se uno non ha proprio niente da creare,
può forse creare se stesso.”
C.G. Jung

 

Un momento della mostra

Un momento della mostra

Il lavoro con questo gruppo di utenti, eterogeneo per età e patologia, è stato per tutti molto significativo, ha offerto al gruppo, attraverso la metodologia dell’Arte Terapia psicodinamica, una duplice possibilità comunicativa verbale e non verbale per aiutarli a sviluppare risorse e strategie assertive e aumentare le capacità di socializzazione. Partendo dall’idea che ogni essere umano ha comunque delle parti sane e potenziali, il percorso del laboratorio ha fatto leva su questi aspetti per migliorare l’autostima, lo stato di salute e le strategie di coping, nonché le capacità relazionali. Il gruppo,  ha iniziato il percorso con qualche perplessità e incertezza dovuta principalmente alla novità della proposta. Tuttavia il clima che si è venuto a creare, anche grazie all’accoglienza non giudicante e alle tecniche artistiche facilitanti, ha permesso il fluire della comunicazione e il riattivarsi di energie vitali.

Autoritratti dei partecipanti

Autoritratti dei partecipanti

Molte persone non avevano mai utilizzato i materiali artistici come canale espressivo e di comunicazione; c’è stata pertanto grande curiosità e sorpresa nel vedere emergere dal foglio bianco immagini significative che hanno favorito la possibilità di parlare di emozioni e vissuti a volte anche difficili.

Non ultimo da sottolineare, il valore estetico delle opere che pur non essendo obiettivo del percorso, ha emozionato e mostrato l’emergere di capacità prima sconosciute. Questo ha favorito lo sviluppo dell’autostima e maggior consapevolezza della propria identità.

“mi sono riattivato… come un interruttore da off a on”

“mi sono riattivato… come un interruttore da off a on”

Purtroppo i progetti finanziati dai diversi Enti hanno un termine che lascia un senso di vuoto, per questo abbiamo organizzato, anche con il contributo prezioso dell’educatore Paolo Cozzi, che ha seguito il gruppo, una Mostra come momento che desse un valore aggiunto al percorso svolto. Senza nulla togliere alla bellezza dei lavori, ciò che è stato veramente importante è che, grazie all’Arte Terapia psicodinamica, si sono rimesse in moto per tutti nuove energie, ciascuno con le proprie modalità, che hanno permesso di riavviare un processo interrotto. Questo è lo spirito della mostra che abbiamo condiviso e che abbiamo voluto divulgare.

Alcune frasi dei partecipanti:
“il fenomeno della luce”
“sono rimasto stupito da quello che è emerso di me”
“qualcosa di inaspettato”
“mi sono riattivato… come un interruttore da off a on”
“liberazione, apertura”

– Simona Maria Camisani, Arte Terapeuta ad orientamento psicodinamico, iscritta al Registro Professionale Italiano degli Arte Terapeuti (www.apiart.eu)  e-mail     simona.camisani@libero.it

– Lucia Maria Salvan, Arte Terapeuta ad orientamento psicodinamico ATI , Psicologa Psicoterapeuta    e-mail   lucia.salvan@gmail.com   

Viaggio a Hogeway, la città dei senza memoria

Alzheimer: viaggio a Hogeway, la città dei senza memoria

Siamo a Demenzaville: una casa di cura, nei Paesi Bassi, ideata come un villaggio stileTruman show. Sul set gli abitanti, malati. Dietro le quinte, assistenti che fanno da camerieri, commesse, parrucchieri…L’inchiesta pubblicata su Panorama

di Chiara Palmerini

Una lobby con la reception, la piazzetta, la strada principale bordata di tigli e vasi di ortensie da cui partono i vialetti di case col giardino o la veranda, un ristorante dall’arredo minimalista, un piccolo supermercato, il parrucchiere, l’ambulatorio del medico. Villaggio turistico? Quartiere residenziale? Improbabile che chi arriva qui senza sapere riesca a indovinare. Benvenuti aDemenzaville, la città dei senza memoria. Questo paese in miniatura ai margini di Weesp, cittadina a un quarto d’ora di treno dal centro di Amsterdam dove si produceva il cacao van Houten, è una casa di cura per malati di Alzheimer. Chi vive qui è demente, questo il termine usato dalla medicina, e probabilmente non si rende neppure conto di trovarsi in un ambiente protetto dove le persone che aiutano a pulire o a far da mangiare, la cassiera del supermercato, la parrucchiera, sono infermiere, badanti, assistenti pagate per sorvegliarle e accudirle. Una finzione? Una messinscena a uso e consumo di chi è ormai inconsapevole di sé e del mondo?

Tutto l’articolo è consultabile dalla Fonte: http://scienza.panorama.it/salute/Alzheimer-viaggio-a-Hogeway-la-citta-dei-senza-memoria

Incontri umani sulle corsie degli ospedali: io e Vittoria

Quando il lavoro è fatto ad ‘arte’…

Sabrina Girotti è una terapista della riabilitazione, lavora presso una struttura sanitaria pubblica, ma Sabrina prima di tutto è una donna che ama il suo mestiere. Una donna con anni di formazione alle spalle, ricerca e approfondimento, che non si è fermata alla formazione classica ma ha saputo cogliere anno dopo anno quello che, ricerca umana e scientifica, proponevano nel tempo che cambiava Accogliente, ironica, spesso battagliera, Sabrina ha sempre accompagnato all’esperienza, una forte passione per il proprio lavoro e per le persone con qui quotidianamente è venuta in contatto, principalmente anziani. Le abbiamo chiesto di proporci qualche racconto, di segnalarci in maniera semplice e vera quegli incontri quotidiani della terapista-professionista-donna non con i pazienti ma con le persone, uomini e donne, pieni di vissuti, paure e sentimenti.

Molti anziani hanno un linguaggio duro a volte espressioni colorite, scandite da parolacce, che sono più un intercalare che una vera e propria imprecazione, non le abbiamo omesse perché appartengono al naturale e personale linguaggio che contraddistingue anche il tono caratteriale della persona che si ha davanti, le abbiamo accompagnate da alcuni puntini… come fossero BIP tra le parole. Per motivi di privacy i nomi delle persone saranno inventati. Tutto il resto è realtà. Buoni incontri. (s.lup)

 

Vittoria “non mi ammazzo perché mi vergogno!”

Dal racconto di Sabrina Girotti

mani1Da tempo scrivo frasi e racconti delle persone che vengono ricoverate nel centro presso il quale lavoro. A quale scopo chiedo a me stessa, forse è perché sono curiosa, o forse, perché vorrei rimanessero i loro ricordi. Allora, perché non provare a trasmetterle anche agli altri? Provo!

Vittoria. Nome regale, ma lei di regale ha solo il naso imponente, che la fa assomigliare ad una strega buona. Anche se poi non è nemmeno tanto buona. I suoi modi sono molto bruschi, diretti, autoritari, le parolacce naturali. E dette da lei sembrano proprio naturali. Affetta da una grave demenza ha gravi disturbi di attenzione, di memoria e di linguaggio.
“Voglio mangiare..quella..quella che assomiglia alla neve” traduzione “ricotta”. “Ho mangiato…c…o” con relativo gesto, traduzione “banana”. Non vuole essere accompagnata in bagno dagli infermieri ma solo dalle infermiere. Quando si tocca la testa e dice “Oddio” provo una tenerezza immensa e penso “che brutto deve essere avere un vuoto in testa e non riuscire a mettere i pezzi insieme”. E ancora, che tenerezza vederla gioiosa quando vede la mia collega, è raggiante, commovente. Dove non arriva con la ragione arriva con il cuore. Sente di chi può fidarsi, anche se non ricorda il nome. Seduta sulla carrozzina, piegata in avanti si piazza sempre sull’arco della porta della palestra. Le tasche della vestaglia – fatta da lei – sono piene di bigliettini con i nomi delle persone che la rassicurano. E sì, perché ha bisogno di essere continuamente rassicurata, avendo perso ogni punto di riferimento spaziale e temporale. Dopo vari giorni che non vedeva il figlio perché ammalato, appena lo ha rivisto è rimasta letteralmente a bocca aperta e poi ha pianto. I giorni seguenti non ha fatto altro che dire “se è siccu, se è siccu” (traduzione quant’è magro).

La notte non dorme e di pomeriggio fa qualche piccolo sonnellino in carrozzina, non vuole mettersi a letto perché teme che poi non verrà alzata. E vi assicuro a nulla valgono le rassicurazioni della sua “amata” Giovanna. E’ vedova da molti anni, ma quando nomina il marito dice “quant’è bello!” e si commuove. A volte indossa una vestaglia alla quale sono applicati fiorellini colorati fatti ad uncinetto. “Che belli che sono questi fiorellini” le dico e mi risponde “li ho messi per coprire le bruciature di sigarette”.
Un giorno si è svegliata dicendo che le erano state rubate le sue cose e allora porta a noi terapiste, i pantaloni della tuta, le canottiere, le mutande, per farcele nascondere ed anche in questo caso non riusciamo a farle cambiare idea e allora non ci resta che “nascondere” le sue cose. Pericoloso farle domande “dove sei stata?”, “a lavarmi la f..a”. Lo dice con una tale spontaneità che sembra l’unico modo appropriato.

E’ golosa di mandarini e di tramezzini, ma mentre i primi le vengono portati dal figlio per i secondi se li fa comprare di nascosto da una signora, perché il figlio non vuole.
Ripete spesso che vuole andare a casa e quando le viene comunicato il giorno non se lo dimentica. E’ contenta ma nello stesso tempo preoccupata e in certi momenti disperata. Ed è proprio in uno di questi momenti che afferma “non mi ammazzo perché mi vergogno!” Che dire, altro che studi di filosofia… E’ stata dura lavorare con la sua presenza costante. Ma ora ne sento la mancanza.

Famiglie Crea-Attive

Famiglie Crea-Attive
un progetto per l’assistenza psicologica alle malattie neuromuscolari

16 MARZO 2013 – Centro servizi per il volontariato. Via della Montagnola 69/A Ancona.

pennelli_grande-150x150ll convegno si propone come occasione per presentare l’attivité svolta all’interno del progetto “Famiglie crea-attive”: un progetto nuovo e coraggioso che punta sulle risorse creative della famiglia con persona affetta da malattia neuromuscolare, che possono venire valorizzate anche in situazioni particolarmente complesse e ripetitive.
Gli strumenti che sono stati scelti e proposti ai partecipanti sono lo psicodramma analitico e l’arte—terapia, nell’ottica di creare nuovi legami di lavoro e favorire potenzialità espressive.
Lo psicodramma analitico. che sta trovando in questa epoca un crescente impiego in contesti istituzionali, rappresenta uno strumento psicoterapico che favorisce il lavoro individuale all’intern0 del lavoro di gruppo.

Il laboratorio di arteterapia consente di esplorare nuovi canali di espressione e di contatto al di lé della parola, rilanciando le potenzialità del soggetto e favorendo la relazione con l’altr0.

Interverranno Valentina Ranaldi, Stefania Pietrani e Maurizio Principi.

 

Per iscrizioni: Fondazione Dr. Dante Paladini Onlus
c/0 A. 0. Ospedali Riuniti di Ancona – Via Conca 71 Ancona (An) 071/5965280 – info@fondazionepa|adini.it

Il PROGRAMMA

Foto a pagina intera