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La Festa di colori e lo splendente e “articolato mondo mentale” di Tarcisio Merati

Tarcisio Merati. Aeroplanino, tempera su carta, 100×75,5 cm

Conosciuto solo da una ristretta cerchia di collezionisti, Tarcisio Merati “è l’artista manicomiale per eccellenza: al riparo dal mondo ostile contro il quale si è paludato in forma di romanziere, musicista, uomo politico, maestro; al riparo dalle miserie e dalle volgarità può finalmente dedicarsi all’esercizio della meraviglia” scrive così Bianca Tosatti che nel 2006 ne consacra la fama tra gli autori storici dell’arte Outsider, quando un’intera parete del Palazzo della Ragione di Bergamo, fu ricoperta dai colori brillanti delle lettere dell’alfabeto, decorate dall’artista e proposte nell’esposizione “Oltre la ragione. Le figure, i maestri, le storie dell’arte irregolare”. La sua prima mostra risale al 1993 presentata da Vittorio Sgarbi al Teatro Sociale di Bergamo.

Tarcisio Merati. Macchinetta, 1975, tempera su carta

Tarcisio Merati nasce a Bonate Sopra, vicino a Bergamo, nel 1934, a 25 anni subisce il primo tracollo psichico e nel 1959 entra per la prima volta nell’ospedale neuropsichiatrico di Bergamo. “Nel 1975 scopre la pittura e fino al 1983 la produzione artistica è enorme. Frequenta l’atelier interno all’istituto dalla mattina alla sera e non ha altro interesse che l’attività artistica. Tarcisio, “liberato” dalla pittura, sceglie di ripartorire se stesso. Per vivere la sua vita, ha bisogno di un altro codice; ha bisogno di disegnare, colorare, inventare, delirare. Così sceglie il manicomio anche quando sua sorella decide di riportarlo a casa. Per sette anni Tarcisio non dipinge più, fino a quando nel 1991, dopo le sue continue richieste di tornare nel “castelletto” (così chiama l’ospedale) viene trasferito in una casa di riposo e riprende a frequentare l’atelier, seguito dall’attenzione affettuosa di Silvia Pesce. Il suo mondo si popola di nuove immagini, elabora un suo personale linguaggio. Ci sono gli “uccelletti”, le “macchinette”, oppure la serie delle “turbine”, delle “carte d’Italia”, delle “lettere” decorate, gli “aereoplanini” gli “insetti”. Sono questi simboli, espressi in forme e colori che escono dal quadro per invadere lo spazio, che rendono ricca, intensa, emozionante e modernissima l’opera di Merati. Muore nel 1995”.

“Festa di colori”,  che inaugura mercoledì 3 maggio 2017 alla galleria Maroncelli 12 di Milano (in mostra fino al 30 giugno), si compone di una ventina di opere (inclusi due arazzi), “un linguaggio grafico che esprime l’articolato mondo mentale di uno degli artisti più potenti e meno conosciuti nel panorama dell’arte irregolare italiana. Merati dipinge un suo personale e liberissimo alfabeto, in un’esplosione di colori incandescenti e vorticosi che non hanno equivalenti nelle produzioni outsider del tempo”.

 

 

(sabrina lupacchini/slup)