Deepen Dance-Progetto Habitat. L’espressione di sé attraverso il ritratto fotografico

Deepen Dance – Progetto Habitat “un percorso di esplorazione ed espressione di sé attraverso la componente educativa ed il ritratto fotografico”,

di Erika Stefanelli e Irene Pittatore

Deepen Dance. Serie fotografica di Irene Pittatore, 2016. Dal laboratorio Consapevolezza di sè attraverso la fotografia, con la conduzione educativa di Erika Stefanelli

Deepen Dance. Serie fotografica di Irene Pittatore, 2016. Dal laboratorio Consapevolezza di sè attraverso la fotografia, con la conduzione educativa di Erika Stefanelli

“Il servizio Consapevolezza di sé attraverso la fotografia” nasce dalla sinergia di un’artista e di un’Educatrice Professionale ed è rivolto ad anziani, adulti e ragazzi, anche con disabilità, che desiderino sviluppare un percorso di esplorazione ed espressione di sé attraverso il ritratto fotografico.

L’esperienza, che può svolgersi in forma individuale o di gruppo, anche a supporto di servizi sanitari ed educativi, ha come obiettivi la promozione della cura della persona e l’innesco di processi di consolidamento dell’autostima e del proprio benessere; oltre a offrire occasione di discussione e confronto sulla bellezza intesa come espressione generativa e non normativa, come esperienza di liberazione o di riappropriazione del proprio immaginario e delle proprie attitudini, come forza capace di accogliere contraddizioni ed esprimere complessità.

Il progetto Deepen Dance, svolto a Torino presso il Centro Socio-Riabilitativo di Alcologia 3D (Dipartimento Dipendenze 1, ASL Torino 2) e a Boves presso Emmaus Cuneo (Associazione di volontariato che gestisce una comunità per persone in difficoltà), è stato il primo laboratorio con Progetto Habitat che ha concretizzato questi intenti.

Il titolo, nel suo richiamo fonetico al termine dependence, allude a un percorso di consapevolezza e all’esplorazione del potenziale creativo di un gruppo di pazienti coinvolti in un percorso di cura della dipendenza dall’uso dell’alcol.

Un’esperienza sorprendente, che ha regalato a noi tutti un incanto imprevisto attraverso la relazione di fiducia e messa in gioco dei partecipanti: in soli tre incontri siamo riusciti a intenderci profondamente e a costruire le condizioni per lavorare sul set con fiducia e coraggio, dando giusto equilibrio tra la valenza artistica e quella educativa.

I protagonisti sono stati una squadra capace di attenzione e rispetto, curiosità e voglia di mettersi in gioco, cercando di mettere in scacco dubbi ed esitazioni; un gruppo fortemente empatico, in cui è possibile sentire e creare una forte circolazione di energia avvicendandosi nella conversazione e nel rispetto del conduttore.

Considerati gli esiti di questa esperienza, con i pazienti e l’equipe di operatori abbiamo valutato di replicare, a partire da novembre 2016, in versione annuale/lungo termine.”

Di seguito le interviste dei partecipanti.

 

MARCO
1) Cosa hai pensato quando ti hanno proposto di fare un laboratorio avente come tema la bellezza e il ritratto fotografico? Il tuo pensiero è cambiato nel corso dell’esperienza?
Ho pensato di non venire bene nelle foto, ma al contempo sapevo che non mi importava realmente.

2) C’è qualcosa che ti ha preoccupato durante l’attività? E qual è invece il momento che ti ha fatto sentire maggiormente a tuo agio?
Probabilmente ero preoccupato della presenza di altre persone, mentre è stato il set fotografico a mettermi a mio agio.

3) Cosa ha significato mettere in gioco il tuo corpo, anche attraverso l’interazione con altre persone (gli altri partecipanti, i tuoi Educatori, la fotografa)?
Durante gli scatti fotografici è stato come fare molto esercizio fisico! Abbiamo fatto molta fatica con quelle balle di vestiti…

4) Questa esperienza ti ha aiutato a capire meglio qualcosa di te?
No.

5) Cosa dicono di te le immagini che ti ritraggono? Un aggettivo per definire te stesso nelle foto.
Inquieto.

6) Parteciperesti a un altro laboratorio? Perché?
Sì, parteciperei nuovamente per mettermi in gioco.


PINA
1) Cosa hai pensato quando ti hanno proposto di fare un laboratorio avente come tema la bellezza e il ritratto fotografico? Il tuo pensiero è cambiato nel corso dell’esperienza?
Onestamente non mi sono illusa né mi sono montata la testa sebbene il tema fosse la bellezza e il ritratto.

2) C’è qualcosa che ti ha preoccupato durante l’attività? E qual è invece il momento che ti ha fatto sentire maggiormente a tuo agio?
Non c’è stato nulla che mi abbia preoccupato e sono stata bene grazie alla presenza del mio gruppo, le persone che con me hanno fatto questa esperienza.

3) Cosa ha significato mettere in gioco il tuo corpo, anche attraverso l’interazione con altre persone (gli altri partecipanti, i tuoi Educatori, la fotografa)?
In realtà non ho messo in gioco il mio corpo, bensì ho messo in evidenza emozioni e sensazioni che sentivo in quel momento.

4) Questa esperienza ti ha aiutato a capire meglio qualcosa di te?
Mi ha aiutato a capire che bisogna mettere in mostra quello che hai dentro, quello che tieni nascosto.

5) Cosa dicono di te le immagini che ti ritraggono? Un aggettivo per definire te stesso nelle foto.
Dicono che se stai bene con te stessa riesci a mettere in risalto la tua spontaneità e la tua bellezza, diversamente non mostri nulla.

6) Parteciperesti a un altro laboratorio? Perché?
Sì, perché per me è stata una bella esperienza e la rifarei nuovamente con gli altri componenti del mio gruppo.


MIHAI (ha presenziato all’incontro della sessione fotografica)
1) Cosa hai pensato quando ti hanno proposto di fare un laboratorio avente come tema la bellezza e il ritratto fotografico? Il tuo pensiero è cambiato nel corso dell’esperienza?
Inizialmente non ho compreso bene cosa avremmo fatto, ma durante la realizzazione e soprattutto al termine degli scatti fotografici  ho capito bene.

2) C’è qualcosa che ti ha preoccupato durante l’attività? E qual è invece il momento che ti ha fatto sentire maggiormente a tuo agio?
Non c’è stato nulla che mi abbia preoccupato perché eravamo tutti insieme in allegria. Sono stato bene e mi è piaciuto quando ho preso i vestiti e mi sono abbigliato in modo un po’ strano.

3) Cosa ha significato mettere in gioco il tuo corpo, anche attraverso l’interazione con altre persone (gli altri partecipanti, i tuoi Educatori, la fotografa)?
E’ stato qualcosa di normale considerando che è stata un’esperienza fatta con persone che conosco e vedo due volte alla settimana; sono come una famiglia, conoscenze più vicine a te, amici.

4) Questa esperienza ti ha aiutato a capire meglio qualcosa di te?
Per l’età che ho raggiunto posso dire che forse so tutto di me o quasi tutto, ma di sicuro questa è stata un’esperienza bella per la vita in generale perché non comune, fuori dalla normalità.

5) Cosa dicono di te le immagini che ti ritraggono? Un aggettivo per definire te stesso nelle foto.
Non ce l’ho una risposta (ride). Forse posso dire che in quel momento ho sentito di esprimermi così perché ognuno ha i suoi momenti buoni o non buoni, così è la vita. Stavo bene.

6) Parteciperesti a un altro laboratorio? Perché?
Sì, perché sarebbe un’altra esperienza e sono curioso di capire di cosa si tratta e come verrà affrontata. Per me infatti l’idea della  fotografia è sempre stata associata a un quadro o a qualcosa di bello come una montagna, un fiume, una cascata e non, come invece è successo con questo laboratorio, a qualcosa da improvvisare e che per alcuni può non significare nulla.

BARBARA
Quando mi è stato proposto un laboratorio fotografico non ero molto convinta di partecipare, per di più sapendo di essere fotografata e di dover affrontare il tema della bellezza. Il primo pensiero è stato non fa per me, e per questo ho detto ad Andrea (Educatore del servizio) di non voler più partecipare. Come al solito Andrea mi ha suggerito di provare, anche solo per dire ho provato ma non mi piace. Oggi posso solo ringraziarlo per quel consiglio.

Nel percorso fotografico il mio pensiero è cambiato in positivo. Immaginavo tutt’altro e invece mi sono sentita al sicuro, anche grazie ai miei operatori e ai ragazzi del gruppo con i quali, qualora uno di noi dovesse essere in difficoltà, credo riusciremmo a comunicare anche solo con lo sguardo.

Quando siamo arrivati sul set fotografico mi sono preoccupata vedendo le balle di abiti, perché non riuscivo a capire cosa avremmo potuto fare a maggior ragione in una sorta di capannone. Ci ha pensato Andrea a rompere il ghiaccio e coinvolgere tutti. Da lì è scattato qualcosa in ognuno di noi, ci siamo lasciati andare sotto lo sguardo attento di Francesca (Educatrice del servizio) e la sindrome di Peter Pan di Andrea.

Non ho avuto problemi a farmi fotografare, perché ognuno di noi era libero di esprimere ciò che voleva senza pensare.

Eravamo noi, i ragazzi del 3D. Liberi di esprimerci senza essere giudicati.

Oggi tante cose sono cambiate. Una volta non avrei mai pensato di fare un laboratorio fotografico, mentre ora c’è la foto selezionata da Vogue – quella che preferisco – dove ci sono io che nascondo il viso, mi nascondo dietro le mie paure; per non parlare di quella dove mi tuffo in mezzo ai vestiti e per la quale mi viene da dire: tuffarsi per provare la libertà.

Questa esperienza mi ha regalato tanto, lo rifarei a occhi chiusi. E’ stata grande anche Irene, una persona che trasmette tranquillità ed è molto trasparente come persona.

 

ROBERTO
Sono qui seduto che mi sto riguardando le foto. Ho una sensazione dentro di me che non riesco a definire se è di contentezza o soddisfazione. Comunque questo laboratorio mi è piaciuto molto e mi ha fatto stare bene. Mi è sempre piaciuto fare questo tipo di cose, molto tempo addietro ho fatto qualcosa di simile e questa esperienza mi fa tornare a quando ero ragazzino.

Pensando a ciò che abbiamo fatto so solo che vedo un gruppo di ragazzi di una certa età che tornano indietro nel tempo che si sono lasciati andare. Per me è stata una cosa bella che mi ha dato una botta di benessere. Ora mi sto leggendo il pensiero che mi ha scritto Irene, mi fa venire i brividi, anche perché parole così non mi ricordo se me le hanno dette mai. Mi fanno stare bene. Basta perché ho un nodo alla gola, e sento che mi sta venendo da piangere e ansia, mannaggia. Fanculo, ora però sto male, perché? Mi sta succedendo questo. Mi piacerebbe continuare perché per me è stata una cosa bella e poi c’è la possibilità di conoscere persone con cui puoi socializzare e fare delle cose belle tutti insieme. Questo percorso mi ha portato una ventata di benessere, anche perché Irene è stata capace di prenderci bene. Spero che Francesca faccia tutto il possibile per far continuare tutto questo. Comunque per me è stata una cosa positiva. Grazie di tutto.

 

FRANCESCO (non ha partecipato al laboratorio)

1) Che pensieri ti sollecitano le immagini del laboratorio che hai potuto osservare?
Al momento nulla, a pensarci molto divertenti.

2)  Che cosa ritrovi in quelle immagini delle persone che hanno partecipato al laboratorio?
C’è una foto, che è una specie di skettch, che è bella. Le altre sono tutte normali.

3) Dal racconto dell’esperienza dei partecipanti al laboratorio e guardandone gli esiti fotografici, avresti interesse a partecipare a una nuova edizione del laboratorio? Perché?
Mi farebbe molto piacere provarci, perché proverei a vestirmi in maniera diversa.

4) Cosa ti aspetti di sperimentare?
Abiti femminili.

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