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ARtGlass gli occhiali speciali per viaggi virtuali nell’arte e nei musei

La quarta dimensione del museo

Vista del particolare della scena di cacciaA San Gimignano (Siena) al via una sperimentazione, in anteprima assoluta, che vede l’uso delle tecnologie “indossabili” per la valorizzazione dei beni culturali.

Il museo come un film in 3D? No, è molto di più. Si chiamano ARtGlass e sono occhiali speciali che permettono di scoprire in maniera assolutamente inedita l’opera d’arte, grazie alla fusione di reale e virtuale.Parte da San Gimignano (Siena) un progetto sperimentale, in anteprima assoluta, che consente di attivare un’esperienza di “realtà aumentata” tramite tecnologia “indossabile” all’interno del percorso “Palazzo Comunale, Pinacoteca, Torre Grossa”.

Grazie a un peculiare mix di video-storytelling e animazioni tridimensionali, applicate a tre cicli di affreschi conservati nel Museo Civico di San Gimignano, sarà possibile compiere un viaggio virtuale nel Medioevo, navigando nei racconti dipinti da Lippo Memmi nella Sua Maestà, Azzo di Masetto, nel celebre ciclo cavalleresco e Memmo di Filippuccio, nelle scene dedicate agli inganni dell’amore della Camera del Podestà.

Indossando gli ARtGlass, come un normale paio di occhiali, gli affreschi acquisiranno tridimensionalità e mostreranno particolari inediti, grazie al racconto di due guide speciali.

Sono, infatti, Marco Valenti, professore associato di Archeologia Cristiana e Medievale presso l’Università degli Studi di Siena e Dario Ceppatelli, archeologo, collaboratore del Laboratorio di Informatica Applicata all’Archeologia Medievale dell’Università di Siena, a interpretare in costumi d’epoca e a far rivivere il pittore Lippo Memmi e l’armigero di palazzo. Grazie alla loro “presenza”, visibile da chi indosserà gli ARtGlass, il visitatore entrerà in una macchina del tempo in cui divertimento e rispetto per i contenuti scientifici permetteranno un’esperienza davvero inedita. Il progetto ARtGlass a San Gimignano è stato realizzato da Comune di San Gimignano, Fondazione Musei Senesi, Opera – Gruppo Civita  in collaborazione con ARtGlass, Capitale Cultura ed è a cura di Luigi Di Corato, Direttore Generale di Fondazione Musei Senesi.

COME IL TITANIC. Diario a fumetti sull’Europa che affonda

imageQuattro fumettisti entrano nella sala prove di un teatro per incontrare un regista e quaranta attori provenienti da paesi diversi: Afghanistan, Belgio, Camerun, Cina, Costa d’Avorio, Ghana, Iran, Italia, Marocco, Nigeria, Pakistan, Repubblica Democratica del Congo, Russia, Sierra Leone, Siria, Somalia. Stanno preparando uno spettacolo che parla della crisi che affligge i nostri tempi, usando la tragedia del Titanic come metafora di partenza. Si siedono in un angolo e si mettono a disegnare. L’idea è quella di raccontare tramite brevi testi, video-interviste, fotografie e illustrazioni, le tematiche del progetto. È l’incontro tra queste due arti, questa contaminazione, che ha reso possibile la realizzazione della pubblicazione “Come il Titanic. Diario a fumetti di un affondamento” (collana Il Girovago, ed. Nuova S1 2014, pagine 94, 12 euro), in cui gli autori, gli Expris Comics, ossia Innai Marini, Federo Trofo, Antonella Selva e Francesco Lopez Visicchio, raccontano per immagini, gli spunti e le riflessioni nate sul palco.

Lo spettacolo interattivo realizzato dalla Compagnia dei Rifugiati–Cantieri Meticci, gruppo multietnico nato all’interno del Teatro dell’Argine di San Lazzaro di Savena (Bo) si intitola “Il violino del Titanic, ovvero non c’è mai posto sulle scialuppe per tutti”. Il regista Pietro Floridia, ispirandosi al poema “La fine del Titanic” di Hans Magnus Enzensberger, invita gli spettatori a prendere posto sul famoso transatlantico, mischiandoli agli attori provenienti da tutto il mondo. Rifugiati politici, studenti, migranti, pensionati, professori, disoccupati, allievi di teatro e bambini: tutti insieme sul palco per ragionare di una “Europa che affonda” in una crisi che non è solo economica, ma anche culturale e sociale.

Dopo mesi di cronache settimanali, on line sul blog del Girovago, gli Expris Comics danno alla luce tre storie tra fumetto e illustrazione “che parlano di zattere, affondamenti, sommersi e salvati, rubando qua e là immagini, storie e volti agli interpreti dello spettacolo”. Da questi sguardi, dalle cronache della compagnia dalle suggestione dei disegnatori, ma soprattutto da un’interazione umana, interculturale e artistica, nasce poi il libro. A bordo del celebre transatlantico i partecipanti vivono da dentro “le azioni, le dinamiche, le domande scaturite dall’agonia e dall’affondamento di una società. Qual è l’iceberg che ha colpito il nostro mondo e quale contributo possono dare i nuovi cittadini nell’impedire il naufragio? Quale ruolo possono giocare l’arte e la cultura in questi nostri tempi di crisi?”. Il viaggio, o meglio “gli occhi del viaggiatore” vengono invitati ad analizzare la situazione, uno scambio di punti di vista, che può mettere in discussione “schemi mentali”. Mescolare fumetti e teatro è stata un’idea vincente, rivela Lorenzo Cimmino, ideatore de “Il Girovago”, progetto editoriale varato ufficialmente nel giugno 2012, “gli Expris Comics, hanno passato mesi assistendo alle prove, seduti per terra, in un angolo, con blocchi di appunti e matite”. Ma chi si salva e chi è sommerso e a quale prezzo ci si salva? “Il confronto diretto e il dialogo sono l’unica via di uscita per combattere l’affondamento culturale, scrive Cimmino, non per trovare risposte, ma per cercare nuove domande”. Il libro che leggerete, conclude, “nasce dentro sale prove polverose e troppo piccole, dove ogni settimana accadono piccoli miracoli di interazione sociale”. (slup)

Fonte: Redattore sociale

IL BASTONE DEI MIRACOLI. Uno spettacolo per riflettere sul concetto di ‘lascito’ umano

manifesto loc_ok“A Suriace, un mese d’agosto e di caldo, Licurgo Caminera, all’età di 100 anni attende la visita della morte. Se ne stava immobile come una lucertola nella sua stanza piena di libri, trattenendo a stento le lacrime, che gli tagliavano le guance come punte affilate di un coltello. Aveva avuto nella sua lunga vita una grande passione…l’Iliade e l’Odissea, a tal punto che ogni suo figlio aveva il nome di un eroe omerico, ed ora in punto di morte era pronto a lasciare la sua eredità”

Licurgo padre di 8 figli è in punto di morte, chiama a raccolta tutti i figli e i parenti (che hanno i nomi dei personaggi dell’Iliade e l’Odissea) e prima di spirare lascia “la sua eredità”. L’eredità invece di consistere in soldi e averi è un libro sotto forma di racconti, uno per ogni figlio. Ogni lettera sarà un racconto diverso per ogni scena di ogni figlio, e ogni racconto verterà su morali differenti che richiamano gli archetipi omerici, quali il coraggio, l’amore, la giustizia, etc.

Archetipi che s’intrecciano con scene di vissuti personali e richiami omerici, il tutto in una cornice che passa altalenandosi tra un’atmosfera “classica” ed una contemporanea, dove le storie diventano un tutt’ “unicum”. Il richiamo “classico” nasce proprio dall’intenzione di equiparare storie del vissuto quotidiano con la ciclicità archetipica “dell’umano”. Qual è l’eredità più grande che un padre o in generale ognuno di noi può lasciare? Averi materiali o “valori” di vita? La volontà della morale di quest’opera è proprio quella di far riflettere sul concetto di “lascito”umano.

“questo era il bastone di papà, lui ci ha lasciato una grande eredità, la più preziosa, ci ha lasciato il suo cuore, lasciando un miracolo nei nostri”.

E’ questa la riflessione che vi attende Sabato 7 giugno alle ore 21 presso il Teatro delle Api di Porto Sant’Elpidio, quando assisterete alla prima dello spettacolo “Il bastone dei miracoli” regia e adattamento di Roberta Fonsato.

Lo spettacolo è frutto di un laboratorio teatrale tenutosi all’interno del progetto Teatro 2013/14 con gli ospiti dei Centri CSER “La Serra” di Sant’Elpidio a mare e CSER e COSER “La Cittadella del Sole” di Porto S.Elpidio, progetto che vede in questa opera la sua quarta produzione. Ogni produzione prevede infatti un lavoro di realizzazione di ca. 7 mesi, nei quali la Compagnia lavora per la messa in scena. Il nostro metodo di lavoro si basa soprattutto sull’improvvisazione, quindi il copione che ne risulta, solo come ispirazione parte da una traccia, in questo caso il testo “Il bastone dei miracoli” di Salvatore Niffoi, per poi diventare un testo ex novo, creato dagli attori stessi.

Caratteristiche peculiari dell’opera: 
Il lavoro di quest’anno prevede, un richiamo fortemente “classico”, oltre all’ambientazione, la scenografia e i costumi, che trasporteranno lo spettatore in un’atmosfera dalle tinte omeriche, gli attori si cimenteranno a interpretare scene e a leggere passi dei testi classici in greco antico. Avremo inoltre la presenza costante in scena del coro, che a tratti diventerà anche spettatore di se stesso.

 

Nagoro, la “valle delle bambole” abitata dalle opere di Ayano Tsukimi

nagoro_cover“Valley of the Dolls” è così che viene chiamato Nagoro un villaggio di soli 37 abitanti, abbandonato e ripopolato grazie alle bambole dell’‘artista giapponese Ayano Tsukimi (64 anni) che nel giro di 10 anni ha realizzato 350 bambole a grandezza quasi umana, ognuna rappresenta uno dei precedenti abitanti del villaggio, naturalmente a partire da quelle che hanno una stretta somiglianza con i suoi genitori.

L’artista ha piazzato le opere ovunque, per strada, nelle scuole, nei campi “a lavorare”, nelle panchine “a parlare”… Si entra in un luogo abitato da personaggi silenti.  Ayano, originaria di Nagaro è rientrata nel paese per assistere il padre 83enne e piano piano ha avuto l’idea di far rivivere il borgo attraverso le sue bambole.

La storia del villaggio della ‘valle delle bambole’ è raccontata anche in un documentario realizzato da Fritz Schumann (giornalista e fotografo). Nel momento in cui Ayano ha deciso di dare vita alla prima bambola, non immaginava che grazie a questo gesto, il villaggio riprendesse vita, grazie anche all’interesse e alla curiosità che sta suscitando a livello mondiale. Entrate e camminate virtualmente a Nagoro.

Fonte: GreenMe.it

 

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L’arte del “prendersi cura”. Agnese …dolce Agnese

Incontri umani sulle corsie degli ospedali. Quando il lavoro è fatto ad ‘arte’…

Prosegue la raccolta dei racconti, che vogliono segnalare quelle situazioni in cui l’incontro tra il paziente e il suo medico curante, l’infermiera e nello specifico in questo caso la terapista della riabilitazione, è basato anche e soprattutto sulla relazione tra le persone. L’arte del prendersi cura non è un motto ma è necessariamente la base di ogni buona riuscita riabilitativa. Per motivi di privacy i nomi delle persone sono inventati. Tutto il resto è realtà. Buoni incontri.

“Agnese…dolce Agnese”. Dal racconto di Sabrina Girotti, terapista della riabilitazione

 

Illustrazione tratta dal libro "Una nonna tutta nuova"di Elisabeth Steinkellner, Michael Roher (Terre di Mezzo, 2012)

Illustrazione tratta dal libro “Una nonna tutta nuova”di Elisabeth Steinkellner, Michael Roher (Terre di Mezzo, 2012)

Appena la si vede, gli occhi non si incontrano, perché Agnese cammina sul suo girello flessa così tanto in avanti che gli occhi per forza sono rivolti verso terra. Ma quando si mette seduta allora sì che si possono incontrare e si rimane veramente sorpresi dai suoi occhi celesti e vispi. Emanano una luminosità ed una curiosità che nemmeno la veneranda età di 93 anni ha intaccato. L’aiuto a stendersi sul lettino e subito accusa dolori al collo,alla schiena. Quando poi guardo le sue gambe allora sì che provo paura…sono talmente rosse, edematose, la pelle così sottile, ho paura che solo toccandola possa rompere qualcosa. E allora decido di cominciare a “toccarla” partendo dal collo, ma se pur con estrema delicatezza, dove tocco tocco, è sempre un dolore. Poi come sempre succede, mi racconta fatti della sua vita passata e di quella presente, costellata da disagi, miseria, fatica, malattie e morti tragiche dei propri cari. Mentre racconta io mi domando come tanto dolore, tanta sofferenza, possono stare dentro un corpo così minuto . Così le chiedo come ha fatto a resistere nonostante i segni sul corpo sono chiari e lei molto dolcemente mi risponde che è tanto devota alla Madonna. Rimango in silenzio….

E’ molto riservata Agnese, preferisce stare da sola in camera a pregare, ma se sta insieme agli altri trova sempre parole di incoraggiamento. Sembra proprio che la bontà sia iscritta nel suo Dna. Tutti le vogliono bene e ammirano la sua dolcezza. Così quando un giorno mi confessa che non sopporta una signora ricoverata e sua figlia, rimango sorpresa, cerco di capirne il motivo e mi dice (sempre molto tranquillamente) che si danno delle arie, che sono prepotenti e la prepotenza lei proprio non la tollera. In effetti riguardo alle due donne molti la pensano come lei, ma è comunque gentile ed educata con loro solo, ma se può cerca di evitarle. Per giorni se ne sta in carrozzina perché il forte dolore alle gambe non la sorregge, poi lentamente piano piano riesce dopo alcuni giorni a fare alcuni passi con il deambulatore fino a che un giorno riesce a percorrere tutto il corridoio. Arrivata in fondo ai due lati, sono seduti pazienti e familiari, allora le dico:”immagina di essere una fotomodella che sta sfilando”, Agnese accenna a movimenti ancheggianti che procurano gli applausi spontanei da parte degli altri e un suo grande sorriso. Che gioia quando arriva il momento della dimissione e mi abbraccia e mi bacia, bagnandomi di saliva, che percepisco come fosse “l’acqua santa”.

Leggi gli altri incontri: Pietro, Vittoria, Angelo, Nebbiolina