Category: In evidenza

IL BASTONE DEI MIRACOLI. Uno spettacolo per riflettere sul concetto di ‘lascito’ umano

manifesto loc_ok“A Suriace, un mese d’agosto e di caldo, Licurgo Caminera, all’età di 100 anni attende la visita della morte. Se ne stava immobile come una lucertola nella sua stanza piena di libri, trattenendo a stento le lacrime, che gli tagliavano le guance come punte affilate di un coltello. Aveva avuto nella sua lunga vita una grande passione…l’Iliade e l’Odissea, a tal punto che ogni suo figlio aveva il nome di un eroe omerico, ed ora in punto di morte era pronto a lasciare la sua eredità”

Licurgo padre di 8 figli è in punto di morte, chiama a raccolta tutti i figli e i parenti (che hanno i nomi dei personaggi dell’Iliade e l’Odissea) e prima di spirare lascia “la sua eredità”. L’eredità invece di consistere in soldi e averi è un libro sotto forma di racconti, uno per ogni figlio. Ogni lettera sarà un racconto diverso per ogni scena di ogni figlio, e ogni racconto verterà su morali differenti che richiamano gli archetipi omerici, quali il coraggio, l’amore, la giustizia, etc.

Archetipi che s’intrecciano con scene di vissuti personali e richiami omerici, il tutto in una cornice che passa altalenandosi tra un’atmosfera “classica” ed una contemporanea, dove le storie diventano un tutt’ “unicum”. Il richiamo “classico” nasce proprio dall’intenzione di equiparare storie del vissuto quotidiano con la ciclicità archetipica “dell’umano”. Qual è l’eredità più grande che un padre o in generale ognuno di noi può lasciare? Averi materiali o “valori” di vita? La volontà della morale di quest’opera è proprio quella di far riflettere sul concetto di “lascito”umano.

“questo era il bastone di papà, lui ci ha lasciato una grande eredità, la più preziosa, ci ha lasciato il suo cuore, lasciando un miracolo nei nostri”.

E’ questa la riflessione che vi attende Sabato 7 giugno alle ore 21 presso il Teatro delle Api di Porto Sant’Elpidio, quando assisterete alla prima dello spettacolo “Il bastone dei miracoli” regia e adattamento di Roberta Fonsato.

Lo spettacolo è frutto di un laboratorio teatrale tenutosi all’interno del progetto Teatro 2013/14 con gli ospiti dei Centri CSER “La Serra” di Sant’Elpidio a mare e CSER e COSER “La Cittadella del Sole” di Porto S.Elpidio, progetto che vede in questa opera la sua quarta produzione. Ogni produzione prevede infatti un lavoro di realizzazione di ca. 7 mesi, nei quali la Compagnia lavora per la messa in scena. Il nostro metodo di lavoro si basa soprattutto sull’improvvisazione, quindi il copione che ne risulta, solo come ispirazione parte da una traccia, in questo caso il testo “Il bastone dei miracoli” di Salvatore Niffoi, per poi diventare un testo ex novo, creato dagli attori stessi.

Caratteristiche peculiari dell’opera: 
Il lavoro di quest’anno prevede, un richiamo fortemente “classico”, oltre all’ambientazione, la scenografia e i costumi, che trasporteranno lo spettatore in un’atmosfera dalle tinte omeriche, gli attori si cimenteranno a interpretare scene e a leggere passi dei testi classici in greco antico. Avremo inoltre la presenza costante in scena del coro, che a tratti diventerà anche spettatore di se stesso.

 

Nagoro, la “valle delle bambole” abitata dalle opere di Ayano Tsukimi

nagoro_cover“Valley of the Dolls” è così che viene chiamato Nagoro un villaggio di soli 37 abitanti, abbandonato e ripopolato grazie alle bambole dell’‘artista giapponese Ayano Tsukimi (64 anni) che nel giro di 10 anni ha realizzato 350 bambole a grandezza quasi umana, ognuna rappresenta uno dei precedenti abitanti del villaggio, naturalmente a partire da quelle che hanno una stretta somiglianza con i suoi genitori.

L’artista ha piazzato le opere ovunque, per strada, nelle scuole, nei campi “a lavorare”, nelle panchine “a parlare”… Si entra in un luogo abitato da personaggi silenti.  Ayano, originaria di Nagaro è rientrata nel paese per assistere il padre 83enne e piano piano ha avuto l’idea di far rivivere il borgo attraverso le sue bambole.

La storia del villaggio della ‘valle delle bambole’ è raccontata anche in un documentario realizzato da Fritz Schumann (giornalista e fotografo). Nel momento in cui Ayano ha deciso di dare vita alla prima bambola, non immaginava che grazie a questo gesto, il villaggio riprendesse vita, grazie anche all’interesse e alla curiosità che sta suscitando a livello mondiale. Entrate e camminate virtualmente a Nagoro.

Fonte: GreenMe.it

 

[vimeo]http://vimeo.com/92453765[/vimeo]

L’arte del “prendersi cura”. Agnese …dolce Agnese

Incontri umani sulle corsie degli ospedali. Quando il lavoro è fatto ad ‘arte’…

Prosegue la raccolta dei racconti, che vogliono segnalare quelle situazioni in cui l’incontro tra il paziente e il suo medico curante, l’infermiera e nello specifico in questo caso la terapista della riabilitazione, è basato anche e soprattutto sulla relazione tra le persone. L’arte del prendersi cura non è un motto ma è necessariamente la base di ogni buona riuscita riabilitativa. Per motivi di privacy i nomi delle persone sono inventati. Tutto il resto è realtà. Buoni incontri.

“Agnese…dolce Agnese”. Dal racconto di Sabrina Girotti, terapista della riabilitazione

 

Illustrazione tratta dal libro "Una nonna tutta nuova"di Elisabeth Steinkellner, Michael Roher (Terre di Mezzo, 2012)

Illustrazione tratta dal libro “Una nonna tutta nuova”di Elisabeth Steinkellner, Michael Roher (Terre di Mezzo, 2012)

Appena la si vede, gli occhi non si incontrano, perché Agnese cammina sul suo girello flessa così tanto in avanti che gli occhi per forza sono rivolti verso terra. Ma quando si mette seduta allora sì che si possono incontrare e si rimane veramente sorpresi dai suoi occhi celesti e vispi. Emanano una luminosità ed una curiosità che nemmeno la veneranda età di 93 anni ha intaccato. L’aiuto a stendersi sul lettino e subito accusa dolori al collo,alla schiena. Quando poi guardo le sue gambe allora sì che provo paura…sono talmente rosse, edematose, la pelle così sottile, ho paura che solo toccandola possa rompere qualcosa. E allora decido di cominciare a “toccarla” partendo dal collo, ma se pur con estrema delicatezza, dove tocco tocco, è sempre un dolore. Poi come sempre succede, mi racconta fatti della sua vita passata e di quella presente, costellata da disagi, miseria, fatica, malattie e morti tragiche dei propri cari. Mentre racconta io mi domando come tanto dolore, tanta sofferenza, possono stare dentro un corpo così minuto . Così le chiedo come ha fatto a resistere nonostante i segni sul corpo sono chiari e lei molto dolcemente mi risponde che è tanto devota alla Madonna. Rimango in silenzio….

E’ molto riservata Agnese, preferisce stare da sola in camera a pregare, ma se sta insieme agli altri trova sempre parole di incoraggiamento. Sembra proprio che la bontà sia iscritta nel suo Dna. Tutti le vogliono bene e ammirano la sua dolcezza. Così quando un giorno mi confessa che non sopporta una signora ricoverata e sua figlia, rimango sorpresa, cerco di capirne il motivo e mi dice (sempre molto tranquillamente) che si danno delle arie, che sono prepotenti e la prepotenza lei proprio non la tollera. In effetti riguardo alle due donne molti la pensano come lei, ma è comunque gentile ed educata con loro solo, ma se può cerca di evitarle. Per giorni se ne sta in carrozzina perché il forte dolore alle gambe non la sorregge, poi lentamente piano piano riesce dopo alcuni giorni a fare alcuni passi con il deambulatore fino a che un giorno riesce a percorrere tutto il corridoio. Arrivata in fondo ai due lati, sono seduti pazienti e familiari, allora le dico:”immagina di essere una fotomodella che sta sfilando”, Agnese accenna a movimenti ancheggianti che procurano gli applausi spontanei da parte degli altri e un suo grande sorriso. Che gioia quando arriva il momento della dimissione e mi abbraccia e mi bacia, bagnandomi di saliva, che percepisco come fosse “l’acqua santa”.

Leggi gli altri incontri: Pietro, Vittoria, Angelo, Nebbiolina

MARCHE EXPO D’ARTE. L’arte e i suoi riti, forte aggregante di un territorio

EXPO DI ARTE CONTEMPORANEA – Marche Centro d’Arte inaugura la IV edizione

nonameDomenica 11 maggio alle 17.30 Marche Centro d’Arte inaugura la quarta edizione dell’Expo di arte contemporanea e, convinta che l’arte e i suoi riti possono essere un elemento aggregante sul territorio, si allarga nel territorio e si mette in rete con quattro comuni del Piceno: San Benedetto del Tronto, Cupra Marittima, Monteprandone, Offida. Le mostre per l’edizione del 2014 oltre agli spazi del PalaRiviera di San Benedetto del Tronto saranno ospitate alla Stazione Ferroviaria – ex spogliatoi di Cupra Marittima, a Palazzo Parissi aMonteprandone, presso l’Enoteca Ciù Ciù a Offida. Tutte le mostre apriranno in contemporanea l’11 Maggio alle 17.30 e si concluderanno il 30 giugno 2014.

L’Expo è organizzato con il patrocinio della Provincia di Ascoli Piceno, con il patrocinio e il sostegno delle Amministrazioni comunali coinvolte e il sostegno della Pro Loco di Cupra Marittima.

A partire da questa edizione inizia poi un progetto che coinvolge le scuole di ogni ordine e grado. L’Associazione Marche Centro d’Arte è nata con l’idea che la cultura e l’arte nello specifico sono l’energia che farà ripartire il nostro paese, per questo crediamo che l’arte e il mondo contemporaneo debbano sempre più essere in grado di comunicare tra loro e che tutto questo passi da un incontro continuo e dinamico con il mondo della formazione, perché le scuole devono essere parte attiva e protagonista della rinascita della nostra terra. Ogni cittadina che si è messa in rete nel progetto dell’Expo avrà una settimana in cui i riflettori saranno puntati su di lei con un ricco programma di manifestazioni che si svolgeranno.

San Benedetto del Tronto ospita l’Expo negli spazi del PalaRiviera (Piazza Aldo Moro, 1). Le sezioni sono tre più un evento speciale:

– Call me Ishmael a cura di Nikla Cingolani – artisti: Giovanni Alfano, Lorenzo Bartolucci, Luca Bidoli, Nicola Caredda, Mandra Cerrone, Klodian Deda, Federico Lombardo, Michele Miele, Sara Munari, Giovanni Presutti, Riccardo Ricci, Gabriele Silvi.

– Vedute, vedere e sentire- Linguaggi dell’arte contemporanea a confronto a cura di Maria Letizia Paiato – artisti: Attinia, Paolo Bini, Giulia Bonora, Matteo Cattabriga, Fabiano De Martin Topranin, Elisa Leonini, Roberto Sala, Silvia Venturi, Rita Vitali Rosati, Zino

– Porcospini vegetali a cura di Cristina Petrelli – artisti: Hernan Chavar, Rocco Dubbini, Francesca Gentili, Elena Giustozzi, Silvia Mariotti, Giorgio Pignotti, Solidea Ruggiero.

L’esposizione del lenzuolo di Maria Angela Capossela e Liviana Davì Evento Speciale

A Cupra Marittima l’Expo è alla Stazione ferroviaria – ex spogliatoi (Piazza della Stazione) con Sublime a cura di Rebecca Delmenico – artisti: Karin Andersen, Giovanni Manunta Pastorello, Niba. Inoltre la Galleria Marconi (c.so Vittorio Emanuele, 7) ospita l’anteprima, che ha aperto il 13 aprile, New vesuvian Landscapes a cura di Stefano Verri – Personale diGigi Cifali.

Le porte di Palazzo Parissi a Monteprandone (Vicolo della Dama, 1) si sono aperte invece per ospitare UOMO E (È) TEMPIO a cura di Loretta Morelli – Retrospettiva di Roberto Cicchinè.

Ad Offida l’Enoteca Ciù Ciù in Piazza del Popolo ospita invece Libellule – Il segno che trasforma a cura di Alessandra Morelli – artisti: Giuseppe Biguzzi, Armando Fanelli, Ping Li, Rita Soccio.

L’Expo di Marche Centro d’Arte già dalle prime edizioni ha mostrato cosa possono offrire artisticamente e culturalmente le Marche, ma soprattutto ha cercato di diventare un polo di attrazione per la creatività a livello nazionale e non solo. Ideato da Cocalo’s Club, Galleria Marconi e PalaRiviera ha sempre cercato di mettere in rete idee, energie, persone. La quarta edizione dell’Expo continua su questa scia: portare l’attenzione su tre piani: quello artistico, attraverso le diverse mostre, quello territoriale, con il coinvolgimento delle amministrazioni che hanno sposato il progetto, e quello scolastico, coinvolgendo le scuole, per trasmettere la passione per l’arte, e riservando inoltre una sala specifica del PalaRiviera ai lavori dei ragazzi.

Maggiori informazioni:
webhttp://mcda.cocalosclub.it/
Facebookhttps://www.facebook.com/marchecentrodarte
Twitter
https://twitter.com/mcdarte

 

L’arte di “Mele, il bambino che dipinge con il corpo

E’ un “luogo della pittura mondiale” quello che ospita, da sabato scorso, i quadri di “Mele”, il bambino di 6 anni che, a causa di una grave disabilità, non può fare nulla da solo, ma dipinge con tutto il corpo per raccontare ciò che non può dire con le parole. Ha inaugurato sabato 26, in presenza di tanti visitatori e critici d’arte, presso la basilica della Santissima Annunziata, la mostra “La vita dipinta di Mele”, che resterà aperta fino all’11 maggio. “Inizialmente, i frati avevano risposto di no, che non si poteva ospitare la mostra di un bambino in quel ‘luogo della pittura mondiale’ – racconta Chiara Paolini, la mamma di Emanuele Campostrini, in arte Mele – Ma quando hanno visto il materiale che ho inviato loro via mail, mi hanno subito richiamata per dire che assolutamente la mostra andava fatta, perché Mele è un maestro dell’arte aniconica”.
Una tela

470772

Un dipinto di “Mele”

Mele dipinge da quando aveva tre anni. Oggi ne ha sei. “La sua malattia sempre lì, non torna indietro – spiega la mamma – Crisi epilettiche e arresti respiratori ogni giorno, non cammina, non parla, non può fare niente da solo. Però questo talento era lì, aspettava di essere scoperto. Gli abbiamo dato la possibilità di manifestarlo ed è uscito fuori l’artista che era in lui”. Ecco perché, secondo Chiara, “questa mostra non vuole essere un ‘riscatto’ per la famiglia, come qualcuno ha detto. Né un tentativo di riqualificare la persona in base a quello che riesce a fare, come spesso provano a fare giornali e televisioni quando parlano di disabilità. Con Mele- spiega Chiara – è avvenuto esattamente il contrario: gli abbiamo dato valore per quello che era e così è riuscito a dimostrare ciò che sapeva fare”. Le capacità artistiche di Mele, infatti, riconosciute oggi da diversi critici d’arte, sono state scoperte per puro caso. “Il fratello maggiore di Mele aveva 5 anni e le maestre della materna si lamentavano che colorasse male, uscisse dai bordi, non riempisse gli spazi bianchi. Così, un giorno, sono uscita e gli ho comprato tempere e una tela. Poi ho pensato che, avendo due figli, dovessi comprarne due, di tele. E così ho fatto. I bambini hanno dipinto senza vestiti, con i pennelli ma soprattutto con le mani e con tutto il corpo, liberamente. E il quadro di Mele ci è sembrato subito bello”….

Leggi tutto l’articolo di Chiara Ludovisi su Redattore sociale