“Bar ControCultural” la performance che porta il teatro nelle case
Milagros e i miracoli del teatro
Intervista a Milagros Pardo Espinosa, attrice e regista cubana
di Roberta Fonsato
Milagros è un’attrice e formatrice cubana, esperta in Teatro PlayBack, da alcuni anni vive tra l’Italia e Cuba. Quest’anno ha condotto un laboratorio teatrale per un progetto integrato, che ha previsto la partecipazione di utenti di due differenti centri riabilitativi residenziali della provincia di Macerata. Come prima esperienza con utenti diversamente abili, Milagros ha raggiunto un “sogno“ che da tempo perseguiva, quello di mettre in pratica le tecniche del suo Teatro PlayBack, in contesti “altri”, già memore dell’effetto dirompente e altamente sociale“ del teatro callejero (di strada) per le strade della sua amata Habana. Ora quà tra le assolate colline della bellissima campagna marchigiana, Milagros mette in scena il suo sogno e sperimenta gli effetti sempre miracolosi dell’arte teatrale. Di seguito la sua intervista, rilasciata tra un passo di salsa e un ricordo caraibico. Grazie Milagros, suerte!!!
Come l’improvvizazione teatrale si inserisce nel tuo lavoro con il gruppo?
Il lavoro svolto con il gruppo non era propriamente d’improvvizazione, era la mia prima esperienza con un gruppo di persone con abilità diverse ed è venuto come intuizione molto forte quella di inserirla in modo particolare nell’allenamento e nel lavoro previo, per sviluppare il tema centrale dell’opera e portarla alla dimensione delle loro vite. Ho vissuto con il gruppo improvvisazioni molto autentiche e ho vissuto ancora con più autenticità il rapporto con loro, sia da un punto di vista professionale che personale. Lavorare con loro è una continua improvvisazione che a volte gratifica, a volte senti che la sfida è tanta.
Come è stato lavorare con il playback in un gruppo di utenti con disabilità?
Sempre ho desiderato lavorare con il Teatro Playback e gruppi di utenti con disabilità, dove il suo carattere terapeutico intrinseco possa essere evidente, possa essere considerato e sempre più utilizzato come uno strumento potente per sviluppare programmi riabilitativi. Come ho detto prima, con questo gruppo il lavoro non era solamente di Playback. Sono molto soddisfatta di quello che ho vissuto; la condivisione e la rappresentazione dei loro sentimenti secondo i dettami del Playback diventava sempre più necessaria, costituiva per loro un incredibile modo di superare qualche paura. In questo modo hanno potuto constatare le loro possibilità infinite, contribuire alle loro scoperte personali e gruppali, e incredibilmente la loro concentrazione nel lavoro, che si svolgeva, era sempre meglio dopo che facevano il Playback. Aggiungo che svolgere il lavoro del teatro Playback mi ha insegnato a non avere paura di fare qualsiasi esercizio con un gruppo X, includere, non sottovalutare mai è stata una delle esperienze più grandi con loro. Presentargli esercizi di grande coordinazione, sviluppo della memoria, creatività, velocità, improvvisazione corporea, rispettando i loro tempi e possibilità, è stata senza dubbio una crescita non aspettata e una gioia vissuta in comune. La allegria, di riuscire a fare questi esercizi non semplici e di tanta attenzione (che all’inizio non pensavano di poter fare) sarà sempre un indimenticabile risultato raggiunto per tutti noi. Ho constatato ancora una volta in più, che il lavoro con il corpo è uno strumento più che potente, non solo per un processo riabilitativo, ma per qualsiasi lavoro di crescita e che i tempi per raggiungere questa crescita, in questo modo sono sempre più brevi.
Pensi che il teatro abbia un ruolo importante in un programa riabilitativo e di interazione?
Senza dubbio. C’è qualcuno che ha il dubbio ancora o che non gli conviene rendersene conto?
Come regista da un punto di vista tecnico come reputi il lavoro svolto?
Ci sono tante categorie per classificare un lavoro tecnico svolto, esempio, 5, eccellente, 10, massimo ecc, ma nelle loro parole alla fine del laboratorio mi sono resa conto veramente del lavoro tecnicamente svolto e credo che tecnicamente non ci siano categorie per questo. Ma se dovessi dare un voto, darei: 10 +. Approfitto per ringraziare tutte le persone con le quali ho condiviso il lavoro. Grazie Mille per l’opportunità e per la fiducia.
Hai trovato differenza tra il lavoro teatrale a Cuba e in Italia?
No potrei definire una differenza per più di una ragione. I gruppi con i quali ho lavorato sono molto diversi per ciò che riguarda: età, sesso, culture diverse, capacità e diversa abilità etc. Per la mia esperienza ogni gruppo ha il suo tempo, le sue proprie sfide, il percorso sempre è diverso, ma la risposta sempre è estremamente meravigliosa, senza parole, il processo di trasformazione è inevitabile Il processo di trasformazione non ha tempi, può essere più lento, più veloce, è un tutto con la vita. Ma in ogni luogo, dove ho svolto questo lavoro, sempre alla fine ognuno ha una liberazione, che esprime attraverso la gioia, che si porta dietro con sè e segue nel suo processo di trasformazione e crescita, anche se non praticano più il Playback. Definitivamente la filosofia del Playback diventa parte della vita di chi lo ha conosciuto.
Se dovessi in una metafora definire questa esperienza?
Del Tao mi piace molto….. Pare piccolo ma è grande! La mia personale metafora: Bisogna solo svegliarsi!
Milagros Pardo Espinosa attrice e conduttrice di Teatro PlayBack (TP) a Cuba, in diversi ambiti (giovani, adulti e bambini), seguendo sempre una linea di trasformazione personale e sociale. Ha una formazione diretta con il fondatore del TP, Jonathan Fox, oltre che con il Teatro spontaneo e l’improvvisazione. Ha condotto laboratori all’estero: Olanda e Italia e ha all’attivo numerose partecipazioni a eventi nazionali ed internazionali. Coordinatrice generale della Giornata Internazionale di TP a L’Habana (20102011) e della Compagnia Teatro Cuerpo Adentro per cinque anni. Info: wuweicentro@gmail.com
Marco Capellacci. il regista che sente con il cuore
di Roberta Fonsato
Impossibile non rimanere contagiati dal sorriso e dall’entusiasmo dinamico di Marco Capellacci, giovane illustratore e regista urbinate, impossibile non cogliere la sua sensibilità atipica, sicuramente tipica però di chi ha dovuto e deve convivere con una disabilità. Audioleso dall’età di cinque anni, per la somministrazione di una farmaco sbagliato, Marco, grazie ad una metodologia sperimentale di Massimo del Bo, al sostegno della sua famiglia e soprattutto alla sua forza è riuscito a compensare molto bene la sua profonda sordità bilaterale, a cui si rivolge anche con “ironia”. Marco è protagonista di svariate mostre collettive e personali e si è distino in pubblicazioni e proiezioni in molteplici rassegne.
Il suo straordinario film d’autore “Le Fobie del guard rail” è stato proiettato nell’ambito di festival di cinema di tutto il mondo, come in Francia, Australia, Croazia, Estonia, Malaysia, Turchia, Slovenia, Bulgaria, Austria, Germani, Inghilterra, Stati Uniti, Italia (tra cui il Museo del Cinema di Torino). I frames sono stati pubblicizzati su D-La Repubblica, Rolling Stone magazine, Tutto Digitale, L’Espresso, Domus e Repubblica XI, British Animation Award. È stato premiato come miglior film italiano nell’ambito del IX Festival Internazionale di Cortometraggi, Documentari, Sceneggiature “Lago Film Fest” 2012. L’universo artistico di Marco e la sua poetica si distinguono per la sottile introspezione e la capacità di trattare temi “disabili” con una abilità non comune. [youtube width=”600″ height=”338″]https://www.youtube.com/watch?v=MvnAVnlZwL4[/youtube]
Guardando i tuoi corti mi arriva un’immagine della corporeità molto incisiva, quanto nella tua poetica incide la visione del corpo, come lo vedi questo corpo?
“Pieno di sfumature da raccontare. Ho raccontato la mia sordità, senza veli e censura popolare, intrecciandola ad altre storie vere: un semplice movimento della protesi acustica, per poi registrare il fischio reale della protesi stessa in fase post produzione e ho voluto usare una persona reale, poi morta di anoressia ( la donna con il guanto che osserva il guardrail ). Ci sono persone che non vanno ai centri commerciali, all’ufficio postale, al comune, che sono sole, come i clochard che ho trovato nel mio viaggio a Cannes, di cui ho raccolto alcune testimonianze, che faranno parte, del prossimo corto. La riflessione, non permette di narrare storie stupende. Perché averne paura? Affido alla creatività figurativa una funzione di studio e di conoscenza. Concentro la mia attenzione sulla espressività corporea con estrema libertà artistica, per giungere al fine reale di immediata comunicazione: raccontare le storie di persone indifese che necessitano di una voce.”
Cosa pensi dell’arte e la diversa abilità? “L’arte non deve essere sorda all’arte. Nello sport, i diversamente abili sono valorizzati , mentre in quello dell’arte c’è molto silenzio. Essere diversamente abili è uno svantaggio, perché esistono pregiudizi ancora nel 2015. Diresti di chiamare al telefono a una persona che non sente? Oppure di camminare a un paraplegico ? O di vedere a un cieco? Certo che no. Chi è diversamente abile, se sceglie una strada di studio, è consapevole dei grandi sacrifici che deve affrontare. Ciò significa che è costretto a tirare fuori strumenti narrativi o performativi non tradizionali, privi di ogni processo di decontaminazione. E’ obbligato a trovare semi esotici rari per far fiorire bellissime piante.”
Se dovessi fermare con un un frame l’idea dell’arte, che immagine avrebbe?
“L’immagine della cravatta del film ” Le fobie del guard rail “, dove il ragazzo mangia la cravatta. L’idea dell’arte che traspare da questo frame, quasi a dire che l’arte è un affascinante e intricato linguaggio, sfuggito all’omologazione tradizionale dell’arte stessa, rappresenta uno spazio, in cui riaffermare il proprio amore verso la vita.”
La banda dei “nonni graffitati” on the road
Li abbiamo incontrati quasi tutti, dai nonni che salvano i bilanci famigliari, a quelli attivi nel volontariato, dai “vigili” all’uscita delle scuole in attesa dei bambini, ai nonni al computer, in palestra a teatro, autosufficienti o non, pieni di risorse, fragili, decisamente soli …ma dei “nonni graffitari” ne vogliamo parlare?
Sorridenti, colorati, appassionati e creativi, tutti in strada e con in mano una bomboletta spray. In Portogallo, precisamente a Lisbona c’è una banda di “nonni graffitari” fanno parte di un grande progetto “Lata 65”, laboratorio di arte urbana, che ha l’obiettivo di realizzare attività artistiche per gli anziani per farli incontrare anche con i più giovani attraverso workshop mirati ad insegnare loro la storia della street art e la sua applicazione tecnica e pratica.
Dietro al progetto ci sono Lara Seixo Rodrigues di WOOL Urban Arts Festival e Fernando Mendes di CoWork Lisboa.
Andare contro uno stile di vita sedentario, apatico, stimolare gli anziani verso una vita intellettivamente attiva. Questo è l’obiettivo principale. Trovare il tempo per divertirsi è fondamentale ad ogni età. Un’esperienza coinvolgente che ha da subito coinvolto moltissime persone…che ne dite di proporla in Italia? (slup)
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L’universo femminile in mostra. “Woman&Woman”: sguardi di donne verso altre donne
Giovedì 28 maggio alle ore 19, alla presenza della curatrice Blanca Berlín, sarà inaugurata la mostra “Women & Women” che l’Instituto Cervantes di Palermo fino al 17 luglio 2015, l’esposizione propone le opere di 5 artiste donne in piena attività creativa, che ben rappresentano il panorama della fotografia spagnola contemporanea: Isabel Muñoz, Soledad Córdoba, Beatriz Moreno, Gabriela Grech e Ouka Leele.
La curatrice della mostra, Blanca Berlín, le ha selezionate scegliendo come comune denominatore la qualità e la forza espressiva dei loro lavori, unite all’innovazione e alla sperimentazione.
Dal momento che le protagoniste della mostra sono donne, il titolo di questo progetto espositivo Women & Women nasce dal rapporto di donne dietro la macchina fotografica che osservano altre donne poste davanti l’obiettivo: dunque, lo sguardo di donne verso donne.
Mostra organizzata da Acción Cultural Española (AC/E) Instituto Cervantes – PALERMO – 28 maggio – 17 luglio 2015. Instituto Cervantes di Palermo, via Argenteria Nuova 33