Il folle convivio dell’arte come resilienza alla negazione delle folle

E’ stata inaugurata venerdì 8 ottobre nello showroom Gervasoni di Udine, la mostra/spettacolo “Corpi di resilienza”, evento centrale del Festival Maravee Folle “per iperbolizzare ancora una volta il folle convivio dell’arte come resilienza alla negazione delle folle”, per “resistere alle sfide e ai divieti, perseverare in ideazioni e creazioni, affondando nel quotidiano, guardando in faccia tensioni e speranze d’identità sospese”.

Per guardare a nuovi orizzonti di bellezza e libertà!

Nell’ambito del Festival Maravee Folle, ideato e diretto da Sabrina Zannier, organizzato dall’Associazione culturale Maravee con il sostegno della Regione FVG, dei Comuni di Grado e Gemona del Friuli e delle slovene Obalne Galerije Piran, grazie alle collaborazioni di Gervasoni, Comunità Collinare, Comune di Colloredo e CP & Partners, Corpi di resilienza inscena il dialogo e l’intreccio fra arte visiva e design generando connessioni abitative che alimentano la pervasività identitaria tra uomo e ambiente. Dalla casa alla fabbrica, dal relax al lavoro, dalla socializzazione in salotto alla collaborazione in azienda, tra opere fotografiche, pittoriche, scultoree, musive, video, graffiti-writing e performance teatrali e coreutiche, s’inscenano corpi di resilienza artistica e sociale. Per condurci dallo stato di sospensione alle nuove fioriture culturali ed emozionali che dall’arte s’irradiano alla collettività quotidiana. 

Nell’ampio spazio dello SHOWROOM aziendale, l’articolato percorso espositivo catapulta il visitatore in ambienti abitativi carichi di suggestioni e messaggi, perché l’allestimento delle opere d’arte fra i complementi d’arredo inscena atmosfere di esistenza quotidiana in cui il relax, la seduta e il mettersi a tavola diviene gesto e postura teso alla riflessione e alla contemplazione.  Entro una processualità narrativa suddivisa in sette zone, i Corpi di resilienza si ergono per la Natura, le Folle, il Pensiero, l’Identità, l’Equilibrio, il Contatto, il Futuro. Aspetti che le restrizioni della pandemia hanno messo a dura prova, allertandoci sul fatto che anche prima erano a rischio e che probabilmente per sanare e salvare le folle, il pensiero, l’identità, l’equilibrio e il contatto, l’uomo deve passare attraverso un rinnovato rapporto con la natura avviandosi verso il futuro. Come insceneranno la performance attoriale di Nicoletta Oscuro e Serena Di Blasio e le performance coreutiche di Alice Tomasin e Andrual Bagnariol Aloi, Chiaro Busato ed Elena Popadyuk dell’Associazione Danza e Balletto.

Corpi di resilienza…PER LA NATURA affiorano nei disegni a pastello di Bruno Aita, nei suoi cupi Paesaggi senz’aria, abitati da umanoidi in atteggiamenti solipsistici innanzi a iperbolici tubi industriali che l’aria hanno compromesso, ma che potrebbero risanare, restituendola tanto all’uomo quanto agli alberi tormentati. Lo stato di sospensione che si respira nella drammaticità del nero e nell’asciutta narrazione che sintetizza in pochi, ma incisivi elementi, la percezione del quotidiano collettivamente condiviso, è però sottilmente pervaso da significative schiariture. Perché ogni attesa sottende la speranza, in tal caso di nuova luce e nuova aria, come suggerito dagli orizzonti lattiginosi o celestiali in fondo a dantesche selve oscure o, ancora, da sottilissimi raggi di luce che s’insinuano nella percezione di atmosfere apocalittiche. Per la Natura si erge anche l’opera di Alessandra Aita, che tra scultura e design inscena la resilienza artistica e sociale intrecciando corpi e luci. Figure umane raccolte su se stesse, innalzate per aprirsi sull’intrinseca identità vitale, per specchiarsi nella luminosità della propria ombra o, ancora, per rinascere da un terreno luminoso, s’interfacciano con lampade che sintetizzano posture e gestualità umane. Tutte costruite assembrando frammenti lignei recuperati lungo i fiumi, consunti dal tempo e levigati dall’acqua, per una rinascita della memoria corporea attraverso la percezione vitale di luci che inscenano il risvolto spirituale dell’esistenza quotidiana.

Quotidianità che il percorso espositivo poi rilancia con i Corpi di resilienza….PER LE FOLLE, allestimento scenografico ideato da Belinda De Vito, con ricerca e ottimizzazione video di Cabiria Lizzi e realizzazione proiezioni di Carlo Della Vedova.  Folle allo stadio, ai concerti, al museo e nelle piazze si agitano sui tavoli della nostra domesticità, per ricordarci il chiasso, la confusione, ma anche la bellezza di resse e code che dichiarano la voglia di esserci: tutti insieme, in libertà, tra urli e abbracci, per condividere l’entusiasmo dello sport, della musica, dell’arte, delle manifestazioni festose o di protesta.

Nella sezione Corpi di resilienza….PER IL PENSIERO, con le sculture di Simone Miani la valenza el’importanza della riflessione si dispiega sulle due forze che regolano l’animo umano secondo il pensiero greco: il pathos, la passionalità, la concitazione, l’emozione affettiva e la commozione estetica nella potenza drammatica dell’opera, contrapposto alla razionalità del logos, in cui il discorrere interiore secondo ragione si manifesta nel fare. Un ‘fare’ che dai corpi ripiegati su se stessi nella struggente bellezza di una sofferente attesa, si dilata in un ambiente abitato dalla creatività musiva delle opere prodotte dalla Scuola Mosaicisti del Friuli, che animano gli oggetti del quotidiano.

Con le gigantografie di Michele Biasutti il percorso approda ai Corpi di resilienza….PER L’IDENTITA’. Quella di giovani e giovanissimi, immortalati per lo più in strada, nella loro quotidianità, che inscenano il valore della differenza – di genere, colore, posture, espressioni, emozioni e caratteri – catapultandoci nella ricchezza identitaria della nostra stretta

contemporaneità. Grandi ritratti della serie Blossom, tesi fra ironia e sfrontatezza, sberleffo e introspezione, complicità e solitudine, in un’atmosfera votata al respiro della natura, segnano il passo dello stato di sospensione che in questo periodo connota più che mai l’età umana della “fioritura”, suggerendo lo speranzoso sviluppo di nuovi germogli.

Con i dipinti di Luca Suelzu la narrazione conduce ai Corpi di resilienza….PER L’EQUILIBRIO, fisico e mentale, proposto metaforicamente con una sana vena ironica tra gli sforzi da palestra e la destrezza da saltimbanco. La scala di grigi che connota la serie dei Pesi, in cui il linguaggio iperrealista dichiara la pesantezza del metallo alludendo allo sforzo del corpo che li utilizza e della mente che persevera nell’azione, s’interfaccia con l’azzurra leggerezza del saltimbanco felicemente piroettato a testa in giù, in divertito equilibrio, sospeso su un filo, con un ombrello che lo ripara da una pioggia di fiori.

La sezione dei Corpi di resilienza….PER IL CONTATTO apre nel percorso espositivo un suggestivo ed empatico affondo nella questione identitaria votata alla relazione fra il sé e l’altro da sé. Con il progetto fotografico emblematicamente intitolato Contatto, di Luca Tassotto + Valentina Bertossi, l’identità è una “questione di pelle”! Filtro che ci separa dal mondo e al contempo con il mondo ci connette, l’epidermide respira, tocca e si fa toccare, assorbe e risponde, avvicina o allontana: altri corpi, altre identità, su libera scelta di ognuno. Una scelta mutilata, addirittura azzerata dalla pandemia, che ha traslato il dialogo dell’epidermide in assenza e distanza, ponendoci interrogativi sul comportamento, sui corpi e sulle pelli e lasciandoci in sospeso sul principio del confronto, dello scambio e, per l’appunto del contatto. Profondamente dentro questi interrogativi, Tassotto e Bertossi hanno fatto leva sull’emozione intesa come radice del desiderio, interagito con gli effigiati per svelare il loro desiderio di contatto sulla censura imposta all’espressività (la mascherina), con lo sguardo rivolto all’osservatore come invito a partecipare. E’ un emozionante richiamo alla sensorialità comunitaria, un desiderio e un’intenzione che nel secondo scatto si esaudisce in un gesto risolto nell’introspezione degli occhi chiusi, nell’intimità della propria pelle, che cromaticamente invade il proprio spazio.

Corpi di resilienza….PER IL FUTURO sono quelli dei giovani allievi del Liceo Artistico Sello, che narrano in video La vita al tempo del covid. Un racconto struggente, forte e intenso, che li vede protagonisti dell’ideazione, delle riprese e anche degli interventi attoriali/performativi, dei disegni e delle animazioni. Tra emergenza e attesa, mancanza e costrizione affiora la speranza e il sogno, tesi fra natura, cultura, identità, gioco e socialità.

Liceo artistico Sello, La vita al tempo del Covid, frame da video, 2020

All’interno della FABBRICA, l’ampio murales di Nicholas Perra inscena nella quotidianità operativa il principio della resilienza tra materia, lavoro e natura. Una gigantesca sezione di tronco ligneo, che identifica la materia prima della produttività in azienda, si trasla nel paesaggio che lo genera, in una maestosa montagna che svela le proprie caverne per poi aprirsi alla profondità prospettica di altre montagne ancora, che dai marroni approdano al verde degli alberi e all’azzurro dei torrenti e del cielo.

Uno scenario che Venerdì 15 ottobre alle ore 21.00 farà da quinta teatrale allo spettacolo Çurviei scjampâts e Çurviei restâtsdelTeatro Incerto.Spettacolo in friulano e italiano di teatro partecipato, che metterà a confronto i folli personaggi creati dagli autori-attori per testimoniare la fuga dei cervelli dal Friuli Venezia Giulia con i personaggi reali che dal pubblico saliranno sul palco per testimoniare la resilienza con il lavoro trattenuto in loco.

Torna il TreeArt Festival: natura e arte strumenti generativi di incontro e relazione

Cultura, arte, divulgazione scientifica e sostenibilità saranno al centro dell’innovativo TreeArt Festival, che torna nella suggestiva cornice di Buttrio, località in provincia di Udine, dal 23 al 26 settembre, con la sua seconda edizione. L’evento, che avrà luogo presso la settecentesca Villa Florio e all’interno del suo secolare parco botanico, è organizzato dal Comune di Buttrio con i partner Giant Trees Foundation, per lo sviluppo delle iniziative scientifiche, e Opificio 330 per le iniziative artistico-culturali. Una manifestazione in cui artisti, scienziati e divulgatori celebrano una visione della natura come “strumento generativo” di incontro e di relazione, con una ricca proposta di dibattiti, incontri e performance, ma anche momenti esperienziali en plein air, mostre d’arte e concerti. Un festival nel segno della sostenibilità, nato lo scorso anno per diffondere e ampliare la sensibilità green facendo dell’albero, del suo ciclo di vita, della metamorfosi e l’utilizzo dopo la sua morte, metafora di un sistema di vita sostenibile e partecipato.

Durante il TreeArt Festival, Villa di Toppo Florio sarà soprattutto il palcoscenico naturale per le gigantesche installazioni del prestigioso artista francese Christian Lapie, che vanta installazioni in ogni parte del mondo, in particolare Giappone, Canada e Stati Uniti. Lapie approda per la prima volta in assoluto in Italia proprio in occasione del TreeArt Festival di Buttrio con l’esposizione delle sue monumentali opere lignee che resteranno visitabili fino al 24 di ottobre prossimo. L’artista d’oltralpe ha iniziato a lavorare il legno in grande formato nella foresta amazzonica proseguendo nel tempo la produzione di questa tipologia di opere che sono ormai divenute il leit motiv della sua creazione artistica recente. I suoi lavori mettono in discussione la nostra memoria individuale e collettiva. Sono installazioni di figure spettrali che nascono da luoghi scelti, intrisi di storia. Qualunque sia il continente, queste figure senza volti, monumentali e potenti, interrogano e destabilizzano.

©benoitpelletier

La meravigliosa poesia delle sue creazioni nasce proprio dalla trasformazione dell’albero, sposando perfettamente il tema portante di questa edizione del Festival friulano, che indaga sulle molteplici opportunità della sua metamorfosi. Lapie rigenera l’albero, lo scolpisce e talvolta carbonizza i tronchi imponenti fino a renderli personaggi epici e magnetici. Sono delle forme antiche, primordiali e dinamiche che animano le memorie di ognuno di noi e ci accompagnano verso un cammino dal destino imprevedibile. All’artista di fama internazionale sarà dedicata una personale all’interno degli spazi di Villa di Toppo Florio mentre nel parco all’esterno della dimora storica troneggerà un’opera di oltre sei metri di altezza, per 2,5 tonnellate di peso, che verrà lasciata dall’artista in modo permanente per contribuire alla creazione di un museo contemporaneo a cielo aperto. Les secrets en equilibrio, l’opera scelta da Lapie, è formata da due sculture «dritte e protettrici – come spiega lui stesso– che chiamano a sé, hanno la forza dell’attrazione, generano aggregazione».

S’Affuente: la magia di uno strumento “non solo musicale” e la sapienza di un artigianato vivo

di Sabrina Lupacchini

“Viaggiare. Perdere paesi. Essere altro costantemente, non avere radici, per l’anima, da vivere soltanto di vedere” (Fernando Pessoa)

I viaggi arricchiscono lo sguardo, amplificano i sensi e se hai il gusto di coglierne la sostanza, quei luoghi finiscono per appartenerti così nel profondo che diventano altre dimore in cui vivere. In Sardegna ci vado da una serie lunghissima di anni per un legame che, partendo da una storia familiare, è divenuto nel tempo affine a questa terra ed ha finito per confondersi con essa, incrociandone destini. In uno degli ultimi passaggi sardi nella Comunità di Sestu (CA), che vi invito a conoscere attraverso il sito, mi sono imbattuta in un affascinante “disco armonico”, l’Affuente, che Dionisio Pinna e Renzo Zucca stavano realizzando nel laboratorio artistico-artigianale di sbalzo su rame della Comunità. Un oggetto esteticamente bello, contenitore di cose e silenzi, strumento musicale, piatto da appendere… Il sacro, il profano, la tradizione, l’arte e il suono. Incuriosita, ho chiesto loro di raccontarmene la storia. Gli amanti dell’arte e dell’artigianato possono comprenderne il valore, i musicisti invece, potrebbero addirittura innamorarsene.

“L’Affuente è uno strumento improprio, ovvero non realizzato originariamente per produrre suoni ma che saltuariamente svolgeva questa funzione”, racconta Pinna. “Si trattava infatti di un piatto prevalentemente in ottone lavorato a sbalzo con intarsi pronunciati raffiguranti fiori, grappoli d’uva, pampini, croci o disegni astratti; tenuto in posizione verticale, veniva percosso con una grossa chiave sui bordi o raschiato sul fondo a ritmo di musica. Oggetto sacro e parte del corredo delle chiese, fin dal tardo Medioevo è attestato il suo utilizzo per sollecitare e raccogliere l’obolo dei fedeli o per deporvi le spine del Cristo e i chiodi del crocifisso durante la deposizione (S’Iscravamentu) o, infine, per poggiarvi gli oli sacri durante la funzione del battesimo. Si trasformava però in oggetto profano durante il carnevale quando, affidato dal parroco alla popolazione, veniva impiegato per dare il tempo ai balli tradizionali sardi, in particolare su ballu de s’Affuente, ballo tipico che sopravvive ancora nelle zone di Ottana (Nuoro) e Ghilarza (Oristano).

L’Affuente realizzato nel Laboratorio della Comunità di Sestu (Cagliari)

“Il modello qui fotografato, realizzato dalla cooperativa Comunità di Sestu, ha richiesto un lungo lavoro, interamente manuale – continua Pinna -sia nella fase di progetto che nella sua esecuzione. Utilizzando una lastra di ottone crudo di 1,2 mm di spessore, mantenendo il motivo centrale fedele alla tradizione e sbalzandolo con ceselli particolari, si è cercato di decorarlo con motivi legati alla tradizione della Sardegna, che sono stati incisi utilizzando punte particolari. La curvatura si è ottenuta con ceselli sagomati facendo scorrere la superficie dell’ottone dal centro verso la periferia e avvolgendo l’intero bordo intorno ad un filo di ferro di mm 6. Verificando continuamente la qualità del suono, strofinando o battendo un ferro nella zona posteriore, utilizzando anche legni duri sagomati, il piatto è stato corredato di una striscia di cuoio che ha la funzione di accogliere il pollice sinistro del percussore/raschiatore. In tale modalità il suono si irradierà grazie alla sua posizione aerea”.

Attualmente l’uso dell’Affuente è prevalentemente legato all’accompagnamento del ballo e viene usato in alternativa ad altri strumenti musicali sardi: launeddas, organetto, scacciapensieri, zufolo, chitarra, canto a tenore, ecc.

RENZO ZUCCA CI FA SENTIRE IL SUONO DELL’AFFUENTE

(Scarica AUDIO)

“Il vero artigianato non gode buona salute – si legge nella pagina del sito della Cooperativa Comunità di Sestu -.  Si è ridotta notevolmente la sua importanza; per giunta è quasi impossibile, oggi, trovare lavori su commissione per conto terzi da altri settori produttivi. Nel nostro caso, la messa in comune delle eventuali altre risorse individuali sopperisce alla riduzione delle entrate da lavoro e una sapiente gestione della spesa collettiva fa sempre da linea guida per fronteggiare ogni situazione difficile”. La Comunità di Sestu nasce il 24 giugno 1972, forti dell’esperienza di Capodarco di Fermo nella Marche, una delle prime comunità in Italia a cercare di offrire alle persone con disabilità un’alternativa alla vita di istituto o all’isolamento in famiglia. Nel 2022 la realtà sarda festeggerà i suoi primi…cinquant’anni. 

“Viaggiare, così è viaggio. Ma lo faccio e non ho di mio più del sogno del passaggio. Il resto è solo terra e cielo”… e mare.

Danza, teatro e arte. La magia del “Festival Sudamericana 2021”

Far conoscere e valorizzare la cultura latina-sudamericana in tutte le sue coinvolgenti sfaccettature, attraverso l’espressività e l’intensità dell’opera poetica, la dinamicità partecipativa della danza e del teatro, la magia evocativa della musica, lo sguardo infinito dell’arte. Questo l’obiettivo del Festival Sudamericana di San Ginesio (MC), un progetto artistico realizzato dall’Associazione Culturale “San Ginesio” e dal Centro di Lettura “Arturo Piatti” di Ripe San Ginesio (MC). La manifestazione dedicata al mondo latino è nata nell’agosto del 2013, questa nona edizione, sarà esclusivamente on line, sulla pagina facebook Festival Sudamericana.

Tanti gli ospiti della manifestazione: Quinteto Respiro (musica), Matteo Aringoli e Olha Voloshyn (danza), Ensemble Mariposa (musica), Xavier Oquendo Troncoso (poesia), Paura Rodríguez Leytón (poesia), Juan Manuel Acosta e Soledad Chaves (danza), Maria Fernanda Barbaresco – La f del Tango in Trio (musica – teatro – canto), Marina Cedro (musica – canto), Carlos Habiague (musica – canto), Norah Zapata-Prill (poesia), Giovanna Rivero (letteratura), Andrea Muriel (poesia), Jennifer Cabrera Fernandez (musica – canto – danza), Duo Juan Rivero e Gilberto Pereyra (musica), Cristiano Schiavolini (arte – illustrazione), Giovanna Iorio (arte visiva – sonora), Astra Lanz – Cristiano Schiavolini e Nahars Piano Trio – in collaborazione con FORART – con lo spettacolo “GIUS(TO) BORGES” organizzato da Appassionata – Associazione Musicale di Macerata (teatro – poesia – illustrazione – musica).

Evento organizzato dagli operatori culturali Rita Bompadre e Matteo Marangoni. Per ulteriori informazioni: 340 6657356 – associazioneculturalesanginesio@hotmail.it

(Slup/Sabrina Lupacchini)

Finissage mostra del fotografo Nicola Vinci e proiezione del filmostra CHILD ABUSE

Martedì 15 giugno alle ore 18, Zu.Art giardino della arti di Fondazione Zucchelli ospita il finissage della mostra dedicata al lavoro del fotografo Nicola Vinci con proiezione del filmostra “Child Abuse” (ideazione, direzione artistica, sceneggiatura di Eleonora Frattarolo e regia di Davide Mastrangelo), entrambi a cura di Eleonora Frattarolo e già esposti a partire dal 7 maggio nella galleria Stefano Forni di Bologna. Per l’occasione, sarà proposto un dibattito sul tema degli abusi sui minori, a cui parteciperanno, dopo il saluto istituzionale della presidente di Fondazione Zucchelli Rita Finzi:
Eleonora Frattarolo, docente di Beni Culturali e Ambientali, Accademia di Belle Arti di Bologna
Marcello Lanari, direttore pediatria d’urgenza, Policlinico di Sant’Orsola-Malpighi
Maurizio Stupiggia, docente Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Statale Milano.

Due opere fotografiche di Nicola Vinci. A sinistra, Ho tolto la mia pelle. A destra, I viaggiatori.

“Il progetto Child Abuse nasce come segmento del progetto europeo ProChild, in cui sono coinvolti sei Paesi europei, capofila l’Italia con il Policlinico di Sant’Orsola-Malpighi, Alma Mater Studiorum – Università degli studi di Bologna, Genus Bononiae – Musei nella Città. Il filmostra ha coinvolto 15 artisti, 4 galleristi, il Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, con la collaborazione dell’Accademia di Belle Arti di Bologna”.

Zu.Art giardino delle arti
Vicolo Malgrado 3/2, Bologna – Ingresso libero su prenotazione obbligatoria scrivendo alla mail arte@galleriastefanoforni.com. L’incontro si terrà in sicurezza e in conformità con le vigenti regole per contrastare la diffusione del Covid-19.